L’assegnazione del 3 per cento dei soldi tolti ai clan di mafia al Fondo integrativo statale per le borse di studio non è mai stata attuata perché nessuna delle amministrazioni interessate, ministero dell’Istruzione compreso, si è attivata per renderla operativa. È la stessa ministra Valeria Fedeli ad aver ammesso che quanto stabilito nel decreto Carrozza sulla scuola (del 2013) e ribadito con un emendamento di Celeste Costantino (Sinistra Italiana) che introduceva questa novità nel Codice antimafia, è rimasto solo sulla carta. Durante il question time alla Camera la ministra ha risposto a un’interrogazione della stessa deputata e di altri colleghi e dopo l’ennesima denuncia sui ritardi da parte dell’Unione degli universitari.
Fedeli: “Ritardo per le regole troppo complicate”
La Fedeli ha spiegato che “a seguito delle interlocuzioni con tutte le altre Amministrazioni coinvolte – ha spiegato la ministra – ho potuto approfondire che le vigenti disposizioni prevedono un complesso meccanismo contabile”. Ecco di cosa si parla: l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, vigilata dal ministero dell’Interno, versa quanto confiscato al Fondo Unico Giustizia gestito da Equitalia Giustizia spa. È poi Equitalia che storna le somme in conto entrate al bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze, allo stato di previsione della spesa del ministero della Giustizia. Un giro alla fine del quale il 3 per cento del totale delle somme indicate deve confluire nel Fondo integrativo statale, che con apposito decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Miur, viene ripartito tra le Regioni. “Tale complessità del sistema, che coinvolge una pluralità di soggetti istituzionali ai fini dell’attuazione completa della norma – ha aggiunto la ministra – ha comportato ad oggi un ritardo nell’integrazione del Fondo”. In Aula, a Montecitorio, la stessa Fedeli ha dichiarato che “a decorrere dall’entrata in vigore della norma e per gli anni precedenti nessuna delle Amministrazioni interessate (ivi compreso il Miur che poteva avere un ruolo propositivo) si è resa parte attiva per l’avvio di un procedimento già così complesso”. Poi l’annuncio: “Ora il Miur si è attivato per sollecitare l’attuazione della norma e ottenere nel più breve tempo possibile, e segnatamente già in sede di assestamento di bilancio per l’anno 2018, un risultato concreto”.
La Fedeli ha tentato di rassicurare aggiungendo che con la legge di Bilancio per l’anno 2017, il Fondo integrativo statale per le borse di studio sia stato incrementato di 50 milioni di euro (portandolo a 217 milioni all’anno) “a cui si aggiungeranno – ha spiegato il ministro – i 6 milioni non utilizzati per le borse della ‘Fondazione ex art. 34’”. Tra l’altro, la legge di bilancio per il 2018 prevede un ulteriore incremento del fondo di 10 milioni di euro.
Sinistra Italiana: “Una vergogna inaccettabile”
Ma per la Costantino non è sufficiente. Anzi: “La risposta della ministra Fedeli è non solo non soddisfacente, ma vergognosa” ha detto, ricordando che si parla di una norma inserita in una legge approvata nel 2013. “E oggi, a fine legislatura, la ministra Fedeli ci dice che quella norma non è stata rispettata. Una vergogna inaccettabile” ha commentato la deputata nella replica in Aula, sottolineando che si tratta di “denaro che non gravava sul bilancio dello Stato perché quelle risorse venivano prese alle mafie”. La verità, dunque, viene fuori dopo due interrogazioni parlamentari senza risposta: quei soldi non sono mai stati destinati alle borse di studio. “È incredibile che il governo approvi una norma e poi non la rispetti” ha concluso la deputata, parlando di “una vergogna che il Pd e questo governo si porteranno dietro”.
Secondo l’Udu – l’Unione degli universitari – “i chiarimenti offerti dalla ministra Fedeli sono agghiaccianti” come dice la coordinatrice nazionale Elisa Marchetti. La mancata attivazione da parte delle istituzioni e dei ministeri competenti, aggiunge, “è una responsabilità grave, che la ministra sembra infatti riconoscere, promettendo di sollecitare immediatamente l’attuazione della normativa”. Dalle promesse ai fatti: “Vigileremo e solleciteremo in ogni sede possibile – ha concluso – affinché realmente questi fondi inizino a confluire nel bilancio dello Stato”.