Marco Cappato e Mina Welby sottolineano il "segnale di apertura" del Pontefice. Englaro: "Papa o no, ci sono le sentenze". Per i Cinque Stelle il messaggio è "chiaro" e toglie alibi al Senato, dove giace la legge sul Biotestamento. Morbido il vice-segretario dem Martina, mentre l'ex relatrice De Biasi: "Non possiamo attardarci per seguire logiche politiche di parte". Ma Alternativa Popolare smorza gli entusiasmi e parla di strumentalizzazione
Papa Francesco apre sul fine vita, ma i leader politici tacciono. Non si smuovono neanche di fronte a quello che Marco Cappato e Mina Welby, da anni in prima linea sul biotestamento, hanno definito “un importante segnale di apertura al tema della sospensione delle cure, anche quando tale sospensione conduca alla morte”. Zero commenti da Matteo Salvini, idem Forza Italia, fino a tardo pomeriggio. Poi parla Renato Brunetta che bolla il biotestamento come “non prioritario” al pari dello Ius Soli e poco dopo tocca a Silvio Berlusconi: “Sì, sono contrario alla legge. Io lascerei alla responsabilità e alla coscienza dei medici e dei familiari la decisione”. Così a balbettare è soprattutto il Partito Democratico, che la legge sul fine vita dice di volerla approvare ma poi non la calendarizza mai. Tra i dem parlano solo il vice-segretario Maurizio Martina per un generico invito a “riflettere e agire” e Rosy Bindi, tra le firmatarie dell’appello #Fatepresto, che invita ad approvare la legge, impantanata al Senato dopo l’ok della Camera a maggio. La sintesi della deputata dem è lapidaria: “Perfino il Papa, con le dichiarazioni di oggi sul fine vita, ci ha superato”. Parla chiaramente anche Emilia Grazia De Biasi, relatrice dimissionaria della legge sul Fine Vita e presidente della commissione Sanità: “Credo che il Parlamento nella sua autonomia debba considerare il monito del Papa. La legge sul fine vita è una legge equilibrata e tanto attesa. Non possiamo attardarci per seguire logiche politiche di parte. In gioco c’è la dignità del vivere e del morire”.
L’alt di Alternativa Popolare
Peccato che le risposte da Alternativa Popolare, costola della maggioranza, siano quantomeno freddine. L’interpretazione dell’apertura di Papa Francesco viene rigirata da Maurizio Lupi: “Mi sembra chiarissimo che dica no all’accanimento terapeutico, no all’eutanasia”. Mentre secondo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, la legge “va migliorata al Senato” e “bisogna sempre trovare un punto di equilibrio tra curare le persone finché è possibile e poi rispettare la volontà”. Se non fosse chiaro, il carico ce lo mette Laura Bianconi, presidente dei senatori di Ap che dice stop alle strumentalizzazioni del pontefice. Così nel coro di no dell’ala cattolica che va da Gaetano Quagliarello ad Eugenia Roccella per i quali il discorso di Francesco ha subito “interpretazioni strumentali”, resta un solo accorato appello perché si faccia presto. Arriva in maniera unitaria dai parlamentari del Movimento Cinque Stelle che sottolineano “chiarezza” e “condivisibilità” delle parole del papa, “tali da non prevedere alcuna possibile interpretazione” e rinnovano l’appello “al Parlamento e a quanti lo compongono affinché adempia al suo dovere e, finalmente, dia al nostro Paese una legge sul testamento biologico”. Mentre Roberto Speranza di Mdp parla di una “lezione” del Pontefice e i senatori a vita Elena Cattaneo, Mario Monti e Carlo Rubbia giudicano le parole di Francesco come “un’ulteriore occasione per credenti e non credenti, e soprattutto per il Parlamento, di inserire nell’agenda politica del Paese la necessità di dare certezza normativa in questa legislatura alle scelte di fine vita”.
Englaro: “Papa o no, ci sono le sentenze”
Che secondo Beppino Englaro, papà di Eluana, non servirebbero nemmeno: “Papa Francesco non ha detto nulla di nuovo” rispetto a quanto “ho sentito durante lo svolgimento della vicenda di Eluana”. E in ogni caso, dice all’Huffington Post, il “Papa non deve né aprire né chiudere, lui porta avanti i valori della Chiesa e io non li metto certo in discussione”. Piuttosto, sottolinea, in Italia esistono già due sentenze chiare sull’accanimento terapeutico: “La sentenza del 16 ottobre 2007 della Corte Suprema di Cassazione che stabilisce che l’autodeterminazione terapeutica non può incontrare un limite anche se ne consegue la morte – spiega – e la sentenza del 2 settembre 2014 del Consiglio di Stato, riferita a quel che ha combinato la Regione Lombardia negando la struttura sanitaria a Eluana per far riprendere il processo del morire, perché tutto avvenisse ancora una volta – tutta la vicenda di mia figlia si è svolta lungo questa direttiva – nella legalità, nella società e nella scientificità clinica”.
Cappato: “Questione di minimo rispetto”
Cappato, attualmente imputato a Milano per il suicidio assistito di Dj Fabo e da anni in prima linea perché l’Italia approvi una legge sul fine vita, ribadisce “il diritto di ciascuno a vedere rispettate le proprie volontà sul Biotestamento e sull’interruzione delle cure” ricordando che “manca una legge persino sulla questione di minimo rispetto dei diritti del malato (garantiti anche dalla Costituzione, ma sistematicamente violati!) che ora è stata posta anche dal Pontefice”. Poi sottolinea che l’associazione Coscioni ritiene “che non vi sia differenza morale tra consentire a un malato terminale di morire sospendendo terapie vitali oppure attraverso un intervento attivo che permetta di accorciare la propria agonia”. L’unica persona che può decidere quale sia il momento in cui le cure vanno abbandonate – afferma Cappato – “è il malato stesso, ovviamente sentito il medico e beneficiando del massimo di assistenza possibile”. L’approvazione della legge sul biotestamento ferma al Senato, conclude, sarebbe “comunque un primo indispensabile passo avanti dopo 32 anni di inerzia parlamentare”.
Welby: “Lo diceva il catechismo”
Mina Welby, che aiutò il marito Piergiorgio a morire, sottolinea che pur non essendo quella del papa “un’apertura all’eutanasia” dicono “senza più dubbi che le cure si possono rifiutare quando non servono al malato, riconoscendo così uno spazio adeguato alla dignità dell’essere umano”. Un concetto, spiega, “già scritto nel Catechismo” ma “mi sono sempre augurata che dal Papa venissero esplicitate”. Poi aggiunge: “Wojtyla lo ha fatto in concreto quando ha capito che nessuna cura sarebbe più servita. Spero che ora le sue parole possano illuminare i cervelli in Parlamento”. Al momento, parrebbe proprio di no.