Sono in marcia da tre giorni per protestare contro le condizioni di vita nel centro d’accoglienza di Cona (Venezia) e per non abbandonare la manifestazione hanno passato la notte nella chiesa parrocchiale di Codevigo (Padova). Il corteo in questo momento è fermo sull’argine del Brenta, nel Comune di Campolongo Maggiore, bloccato dalle forze dell’ordine: “Dicono le istituzioni che stanno lavorando per trovare una soluzione e non vogliono farci passare, ma nessuno vuole tornare a Cona”, spiegano i manifestanti. Una protesta silenziosa, colpita anche da una tragedia. Nella tarda serata del 15 novembre, un ivoriano di 35 anni che stava raggiungendo i compagni in bicicletta è morto dopo essere stato travolto da un’auto: un connazionale è rimasto invece ferito.
Il gruppo è diretto a Venezia dove intende incontrare il prefetto. Ieri pomeriggio è stato fermato nella zona di Codevigo. Il sindaco Annunzio Belan, d’accordo con la prefettura di Venezia, aveva cercato nella notte di convincere gli aderenti alla protesta, per la quasi totalità uomini, a salire all’interno di due autobus per evitare di dormire all’aperto, ma i migranti si sono rifiutati perché, hanno spiegato, la loro protesta avrebbe perso visibilità. Il vescovo ha quindi autorizzato l’apertura della chiesa e il gruppo è entrato all’interno dell’edificio religioso.
Mercoledì sera a Codevigo c’erano il parroco, don Michele Fanton, il direttore di Caritas Padova don Luca Facco e padre Lorenzo Snider, delegato dal vescovo per l’assistenza spirituale nelle basi di Cona e Bagnoli. “Abbiamo valutato la situazione in diretto collegamento con il vescovo, mons. Claudio Cipolla e con il parroco – spiega don Facco – per comprendere il perché di questa marcia. Ci siamo anche relazionati con le autorità del territorio, le forze dell’ordine e con il prefetto vicario. Sapendo che i ragazzi erano di passaggio e interagendo direttamente ed esclusivamente con loro, abbiamo aperto la chiesa per dare un ricovero caldo e sicuro per la notte”. Ma c’è stata una breve trattativa. “Prima di aprire le porte è stato concordato il comportamento e lo stile da tenere, di ordine e rispetto del luogo. La chiesa è rimasta riscaldata tutta la notte e sono stati aperti i servizi igienici del centro parrocchiale. Abbiamo anche pregato insieme per il ragazzo che era morto durante il tragitto ed è stato un momento molto intenso. I ragazzi si sono comportati con ordine e decoro e al risveglio hanno sistemato e ripulito con estrema cura la chiesa”. Prima che ripartissero, la Caritas parrocchiale ha rifocillato i giovani con tè caldo. Ma quale è il giudizio della chiesa padovana di fronte allo scempio della base di Cona? “Da parte nostra – risponde don Facco – abbiamo sempre promosso l’accoglienza diffusa nel territorio, che è meno impattante e favorisce percorsi di integrazione. Comprendiamo la fatica e le ragioni del disagio di vivere in una hub, che dovrebbe essere di sosta temporanea e invece vede, purtroppo, tempi troppo lunghi. Le loro ragioni vanno comprese ma non strumentalizzate. Si devono trovare soluzioni di accoglienza sempre più qualificata, favorendo la microaccoglienza”.
I richiedenti asilo hanno lasciato l’ex base militare di Cona per protestare contro le cattive condizioni all’interno del centro di accoglienza. Il centro era già stato teatro di una rivolta scoppiata nel gennaio scorso in seguito alla morte della giovane Sandrine Bakayoko. In quell’occasione aveva fatto discutere anche per la vicinanza politica dei suoi gestori con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano: un fenomeno molto diffuso tra centri d’accoglienza di tutta Italia. A gestire quello di Cona è la coop Ecofficina Edeco, presieduta da Gaetano Battocchio mentre l’amministratore delegato è Sara Felpati, moglie di Simone Borile, ex consigliere provinciale del Pdl – oggi vicino ovviamente a Ncd – ed ex vicepresidente di Padova Tre, la società che si occupa di rifiuti dal quale era nata la stessa coop nel 2011.
La stampa locale ha da tempo ribattezzato Ecofficina come la coop nasce la coop “pigliatutto dell’accoglienza“, come l’ha ribattezzata la stampa locale. La società, infatti, gestisce tre centri d’accoglienza e in soli quattro anni ha visto esplodere il proprio fatturato: dai 114 mila euro del 2011 ai 10 milioni del 2015. Nel frattempo sono arrivate le inchieste giudiziarie – ben tre – per truffa, falso e maltrattamenti, e la fatwa di Confcooperative, che nel settembre del 2015 ha sospeso Ecofficina. Il motivo? “Fanno troppo business” ha spiegato Ugo Campagnaro, il presidente delle coop bianche.
A #Codevigo, al fianco di centinaia di #migranti in lotta per la #dignità e contro le condizioni disumane dell’accoglienza business di #Cona.
Stanno occupando il sagrato della chiesa, vogliono raggiungere la prefettura di #Venezia. Vi aiuteremo! #RefugeesWelcome#restiamoumani pic.twitter.com/wTAG32anPY— Laboratorio Morion (@LabMorion) November 15, 2017