AGADAH di Alberto Rondalli. Con Nahuel Perez Biscayart, Caterina Murino, Alessio Boni. Italia 2017. Durata 114’
Voto 3/5 (DT)
1734, il fedele servitore Lopez intima al giovane ufficiale Alfonso van Worden, diretto a Napoli a cavallo per essere investito del ruolo di capitano delle Guardie Vallone dal re Carlo, di non intraprendere il percorso più corto perché quei luoghi sono infestati da presenze sinistre. Ma van Worden non lo ascolta e al galoppo si allontana perdendosi. Sboccia da qui il racconto dei Dieci giorni della vita Alfonso van Worden che il vero conte Potoski scrisse nel 1815 (e che vediamo nei primi minuti di film) intitolato Manoscritto trovato a Saragozza. Uno zibaldone fantastico, carnoso e tragicomico composto da parecchi episodi che nascono da fantasie e allucinazioni del protagonista, fermo ogni notte in un luogo diverso avvolto dal buio e dal timore delle tenebre. Ecco allora in scena vari quadri/episodi in cui si ammirano buffi duelli sotto lo sguardo di un asino, ammalianti e voraci presenze femminili, incubi notturni che finiscono in un grand guignol musicale, scheletri che dicono e vanno a messa, voluttuosi accoppiamenti al suono di clavicembali e flauti. Davvero interessante e inatteso il quarto lungometraggio di Rondalli, inusuale composizione baroccheggiante che si adagia rispettosa nel limbo della storia e si imbeve di fantasy lavorando dalle parti de Il racconto dei racconti di Garrone, giocando perfino sul senso del macabro di inclinazione spagnola. Infine, udite udite, grazie al meticoloso lavoro su set e scenografie di Francesco Bronzi e del verismo dei costumi di Nicoletta Taranta, assistiamo ad un film italiano in “costume” dove non pesa la mancanza di mezzi e di soluzioni visive, e in cui gli attori si calano nei panni austeri settecenteschi senza eccedere in gigionerie.