Piantare i semi del futuro a Lampedusa, lì dove la prima parte di ogni viaggio termina – la fuga dalla guerra, dalla miseria, dalle botte dei trafficanti di uomini e dai flutti del mare – e inizia la seconda, quella verso l’Europa e la speranza di una vita vera. L’obiettivo è piantarli nell’ultimo avamposto europeo nel Mediterraneo, i semi, ma poi diffondere i frutti anche nel resto del Paese e del continente. Per questo da due anni sull’isola simbolo della tragedia dei flussi migratori che attraversano il Mare nostrum si ritrovano centinaia di studenti per capire cosa significa migrare e poi raccontarlo ai coetanei in giro per l’Italia nella certezza – ovvietà politico-geografica sempre meno ovvia – che L’Europa comincia a Lampedusa, titolo e senso di un progetto promosso dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con il Comitato 3 ottobre per promuovere la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione.
Erano in 200 quelli che tra il 30 settembre e il 3 ottobre si sono ritrovati a Lampedusa, con il presidente del Senato Pietro Grasso e la Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, i rappresentanti di Save the Children Italia, Ordine di Malta, Amnesty International, Organizzazione internazionale per le migrazioni e Centro Astalli. Erano i vincitori di una selezione avvenuta tra oltre 6mila ragazzi di 41 scuole della penisola, ma anche di Austria, Francia, Malta e Spagna. Hanno incontrato i migranti ospitati sull’isola, hanno ascoltato le storie dei superstiti dei naufragi, hanno visto come lavorano i soccorritori e gli operatori umanitari che corrono al molo Favarolo ogni volta che c’è uno sbarco.
Ad accompagnarli è stato Tareke Brhane, arrivato dall’Eritrea nel 2005 su un barcone, oggi presidente del Comitato 3 ottobre. Dal 4° anniversario della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, ricordo delle 368 vittime del naufragio del 3 ottobre 2013, alla visita al Parlamento Europeo del 10 novembre, poi, il passo è stato breve: gli studenti di Roma, Trieste e Lampedusa hanno incontrato Cecile Kyenge, ministro dell’Integrazione del governo Letta, e una delegazione di europarlamentari con i quali hanno cercato di rispondere alla domanda che li ha spinti a partecipare al progetto: “Come possiamo spiegare a chi è contrario l’importanza dell’inclusione?”.
Ma tra Lampedusa e Bruxelles c’è tutto il lavoro da fare nelle scuole italiane. La tappa di oggi è Firenze, Tareke va all’istituto tecnico professionale Leonardo da Vinci per assistere alla proiezione di Uomini e no, il film realizzato dagli alunni di 8 classi dell’istituto che è valso a quest’ultimo il pass per Lampedusa. “Lì i nostri ragazzi hanno fatto due laboratori – racconta Adele Basta, docente che ha li accompagnati – uno con gli operatori del Centro Astalli intitolato Finestre – Nei panni dei rifugiati, e un altro improntato sulla comunicazione radiofonica con i ragazzi di Underadio di Save The Children”. Un’idea nata dalla quotidianità del lavoro in classe: “Quando anni fa ho cominciato a parlare della questione ai miei alunni, mi sono accorta che ragionavano per luoghi comuni del tipo ‘i migranti rubano il lavoro, spacciano, sono pericolosi’. Quindi ho deciso di approfondire, ma vedevo che la discussione rimaneva a livello teorico, astratto. Così ho deciso per l’esperienza diretta, voleva che capissero il dramma di chi emigra”.
Da qui, l’idea del film: “Perché fosse realistico, abbiamo chiesto immagini di sbarchi alla Marina Militare e alla Guardia Costiera – prosegue la docente – le famiglie hanno partecipato alla fattura del documentario, anche come attori. Nella nostra scuola ci sono molti alunni stranieri e molti genitori hanno pianto quando c’è stata la prima proiezione, perché credo abbiano rivisto se stessi in quelle immagini”. Il film è stato selezionato per le celebrazioni della Giornata della Memoria 2017 e a fine settembre una rappresentanza dei ragazzi della Leonardo da Vinci è volata a Lampedusa: “Lì, attraverso l’incontro con chi queste cose le ha fatte, i ragazzi hanno capito cosa significa lasciare la propria casa, mettersi su una barca e rischiare di morire per raggiungere le coste di un Paese straniero. Lì abbiamo capito cosa è il dolore, ma anche il carico di speranza che le migrazioni portano con sé”, conclude la Basta.
Dopo Firenze l’ideale carovana di idee fa rotta verso Sud: il 19 novembre appuntamento ad Alberobello, il 20 a Teramo, il 26 si scende in Calabria. “Il calendario è in evoluzione, stiamo fissando altri appuntamenti – spiega il presidente del Comitato 3 ottobre – poi a fine mese andremo in Francia con gli studenti di tre scuole di Milano, Legnano e Napoli“. Che dal 27 al 29 racconteranno quello che hanno visto e sentito a Lampedusa ai coetanei del Licée Lèonard de Vinci di Levallois Perret, 8 km dal centro di Parigi.
“Noi abbiamo avuto la fortuna di partecipare a questo progetto – è la testimonianza lasciata dagli alunni dell’istituto E. Villari di Napoli sul sito de L’Europa comincia a Lampedusa – e torniamo a casa arricchiti. Ma ci siamo accorti che molti ragazzi della nostra età non sono correttamente informati su ciò che avviene nel mondo. Per questo chiediamo di poter affrontare di più in classe i temi di attualità, come quello dei migranti, dei rifugiati”. “Si ha paura di ciò che non si conosce e la paura viene strumentalizzata dai seminatori di odio. Noi abbiamo imparato tanto in questo percorso e lo abbiamo trasmesso ai nostri compagni. Vogliamo provare a cambiare le cose”, è il messaggio lasciato dai ragazzi arrivati a Bruxelles. Perché “l’Europa inizia a Lampedusa – ricordava una studentessa di Siena dopo la cerimonia del 3 ottobre – ma il nostro viaggio continua“.