Nei giorni vicini al 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne, mi ha colpito una notizia, rimbalzata per effetto dell’eco mediatica avuta per via della trasmissione televisiva Chi l’ha visto: una donna di quasi 30 anni cerca la madre naturale.
La sua è stata fin qui una vita serena, vissuta con un padre e una madre che da piccolissima l’hanno adottata e che, come lei stessa racconta, non le hanno fatto mancare nulla, né sostegno affettivo né appoggio verso la sua autonomia.
Com’è ormai stranoto, grazie allo spreco di lacrimevoli servizi tv e articoli che non vedevano l’ora di buttarsi sulla giovane desiderosa di raggiungere e conoscere la donna che l’ha partorita, la risposta di quest’ultima è stata: “No”.
Quindi niente buste da aprire con premio finale, niente sipari da spostare con due persone che si abbracciano tra lacrime e applausi e sorrisi. Niente: la vita, quella vera, che poche volte nei nostri tempi sfugge all’ammaestramento del quinto potere, si è manifestata mostrandoci la sua nuda, fastidiosa realtà senza mettersi in posa: il messaggio forte e chiaro è stato che dare alla luce, se non è una scelta, una decisione di una donna, non è sempre una benedizione.
La violenza sessuale di un uomo su una donna, che ha come infausta evenienza il concepimento, non è sempre superabile grazie al trionfo della maternità di carne. Purtroppo no. L’energia che ti si muove dentro, quella “giovane farfalla”, come la definisce Josey Aimes, vittima di stupro quando era ragazzina nel bel film North Country, non è sempre sufficiente a far vincere la fiducia verso il mondo e a ridare forza a chi è diventata vittima della peggiore delle offese nel corpo e nella mente.
Quell’uomo, lo stupratore, perché questo è stato per la donna che ne ricorda gli occhi azzurri, resta sullo sfondo anche nei discorsi mediatici, mentre l’arena social si divide nell’usuale sciame digitale tra figlia e madre: chi delle due è da biasimare, chi da perdonare? Quanto è inumano rifiutare l’incontro. Che donna dal cuore di pietra, e così via.
Sullo sfondo lui, padre naturale grazie a una violenza, resta invisibile, pur essendo l’artefice di tanto dolore e ingiustizia. Ma lui non è un osso sul quale buttarsi, pater semper incertum, vero? In questo ricorrente 25 novembre forse possiamo volgere lo sguardo lontano dal voyeurismo che ha circondato questa notizia e usarla per puntarlo su quanto male possa provocare una sessualità maschile insegnata e vissuta come irresponsabile, predatoria, senza rispetto, senza alcuna conseguenza, mentre tutto resta, sempre, responsabilità e colpa femminile.