Eravamo abituati ai venditori di rose o cianfrusaglie varie, financo ai musicisti messicani mariachi, ma mai era capitato, in un locale, di imbattersi in qualcuno che si offrisse di declamare una poesia proprio nel bel mezzo di una cena.
Siamo in un ristorante a Carloforte, cittadina dell’Isola di San Pietro, famosa prim’ancora che Gianni Morandi vi girasse una fiction, per la presenza della tonnara, l’unica ancora attiva nel Mediterraneo. È qui che facciamo la conoscenza di Camilla Sandri, attrice, che assieme a un gruppo di colleghi ha dato vita al “Menu della Poesia”, un progetto che nasce come forma di protesta pacifica in risposta alla celebre affermazione fatta qualche anno fa dall’ex ministro berlusconiano, Giulio Tremonti: “Con la cultura non si mangia”. Vestiti in abiti eleganti, Camilla e i suoi colleghi servono in tavola la cultura, coniugando teatro, letteratura e arte culinaria, con portate a base di versi e rime per nutrire anima e intelletto.
Optiamo per i versi di Jacques Prévert. Improvvisamente un’occasione conviviale si trasforma in un vero e proprio momento teatrale. “La scelta è varia, per soddisfare i gusti di tutti i clienti – spiega Camilla – Come ogni menu che si rispetti quello che offriamo è provvisto di diverse portate e prezzi che gli avventori possono scegliere secondo il gusto, la sensibilità e la loro disponibilità economica. Il prezzo è chiaramente un gioco che vuole stimolare la riflessione sul valore dell’immateriale: quanto costa questo momento di poesia in rapporto alla mia cena? A questo bicchiere di vino che sto sorseggiando? ‘I prezzi sono a libera interpretazione al pari della vostra emozione’: così recitiamo al momento del conto, ma il compenso va ben oltre lo scambio di denaro”.
Come reagisce la gente dinanzi a una richiesta insolita come la vostra?
Noi offriamo un servizio, poi sta al commensale decidere se stare al gioco! Diciamo che il progetto è nato come una sfida, uno scherzo che si è rivelato nella sua semplicità geniale agli occhi della gente, che rimane esterrefatta dalla nostra ‘spavalderia’, curiosa anche se timida e a volte diffidente. Quando nella sala si rompe il ghiaccio e il primo tavolo comincia a ordinare avviene una reazione a catena, tutti vogliono una poesia o se sono troppo timidi o non convinti, ascoltano quella del vicino.
Qual è il criterio in base al quale vengono scelte le poesie?
È un vero e proprio gioco per noi, il gioco del commercio della cultura. Alcuni poeti vendono bene, sono “ben visti”, poi ci sono altri meno conosciuti o “solo per intenditori”. Così abbassiamo o alziamo il prezzo di alcune poesie in base all’offerta e alla domanda. Cerchiamo di spingere il pubblico – che ama ciò che conosce – ad avventurarsi in paesaggi e forme poetiche sconosciute. A volte leggiamo nei loro occhi una vera e propria rivelazione. Ogni volta che si scopre un poeta è una rivelazione!
Le poesie più richieste?
Quelle sul senso della vita che noi chiamiamo Piatti meditativi, oppure le poesie d’amore italiane e internazionali. Quando chiedono a noi di scegliere cerchiamo di ascoltare di cosa c’è bisogno in quel momento… avviene tutto molto rapidamente, occorre lasciarsi guidare dall’istinto, restare aperti allo spazio, alle persone e a se stessi, rimanendo fedeli all’autore.
C’è qualche esperienza particolare che ti è capitata durante una delle serate?
Una volta alcuni ragazzi mi hanno chiesto di dedicare una poesia a un tavolo di ragazze poco distante dal loro. Queste a loro volta hanno risposto dedicando una poesia ai ragazzi… hanno continuato così per almeno 15 minuti… la catena sembrava infinita! La poesia era divenuta portatrice di messaggi, emozioni e veicolo di scambio e conoscenza! Che meraviglia poter giocare con la cultura, farla scendere dall’altare e vederla sgambettare tra i tavoli di un ristorante. Noi attori siamo solo il mezzo perché questo accada.
Le poesie – c’è stato un dibattito qualche tempo fa – sono un genere in decadimento: dalla vostra esperienza e dalle reazioni delle persone, che idea vi siete fatti al riguardo?
La poesia vive un momento difficile perché invita il lettore a una riflessione svincolata dal raziocinio e dalla logicità dei concetti. La poesia vive nell’evocazione di idee e sentimenti e perciò necessita di una libertà di pensiero e di immaginazione a cui la società di oggi ci ha disabituato. Mi stupisco moltissimo quando, consegnando i menu, vedo la gente discutere su quale poeta scegliere, quale titolo è più intrigante, li vedo cercare la poesia su Google o informazioni sul poeta prima di ordinare, e litigano a volte, scendono a compromessi, si confrontano con i loro ricordi, con la loro infanzia… tutto per scegliere una poesia, un momento di raccoglimento e condivisione. In realtà credo che il nostro compito con questo progetto e più in generale come attori, sia proprio quello di fare in modo che le persone si riapproprino della loro fantasia e la alimentino. La gente è affamata di poesia! le istituzioni culturali spesso la reputano difficile, anacronistica ed elitaria e prediligono drammaturgie e componimenti popolari e semplici. Credo sia necessario preservare la “difficoltà” della poesia perché si rivolge all’anima e l’anima non ha bisogno di spiegazioni.
E se tra i seduti a un tavolo ci fosse l’ex ministro Tremonti?
Gli reciterei E lasciatemi divertire di Aldo Palazzeschi e Io non ho bisogno di denaro di Alda Merini.