Urla e strepiti, attacchi, rivendicazioni e perfino un passaggio del monologo parlando in francese e citando la “provvida sventura” di Manzoni. Carlo Tavecchio si dimette, poi se la prende con tutti in una conferenza stampa show. Ripercorre i suoi tre anni di governo, anche il suo mese passato accanto agli azzurri in Francia “giocando a boccette” durante gli Europei. Annuncia che se ne andrà sul Sassolungo a passeggiare, adesso che è stato costretto a lasciare la poltrona di presidente della Figc. “Siamo arrivati ad un punto di speculazione che ha raggiunto limiti impossibili”, dice. “Chiedevo solo di spostare questo momento di confronto di dieci giorni. Si prendono decisioni gravi quando il soggetto più importante, la Serie A, e la Serie B non ci sono”, ripete due volte. “Sono qui per un atto politico – scandisce – non sportivo”. Perché se “quel palo entrava, Tavecchio era un grande. Invece resto alto 1 metro e 61”.
“Ancelotti non viene per colpa mia? Menzogna” – Assunzioni di responsabilità? Zero. “Ho fatto tutto normale”, lo afferma proprio in questo modo. Un solo rimpianto, uno: “Avrei dovuto cambiare il ct nell’intervallo a San Siro”. La colpa è tutta dei nemici, di una macchinazione politica, della speculazione: “Ho parlato con quattro allenatori, ma mettergli in bocca che non venivano in Figc per Tavecchio è una falsità, una menzogna”. Poi la chiusura su Claudio Lotito, a lungo compagno nell’avventura alla guida del calcio italiano iniziata nell’agosto 2014: “È una brava persona”.
Pressioni inimmaginabili sulla Lnd – Nel mirino del suo lungo sfogo ci sono però soprattutto i “suoi” Dilettanti che gli hanno voltato le spalle: “Non un tradimento – sottolinea – Ma un cambio di visione politica”. Anche perché su quella Lega, dice, “sono state fatte delle pressioni inimmaginabili“. Paventa anche una possibile ricandidatura, dopo l’amarezza: “Cito Manzoni, che parlava di ‘provvida sventura’. In ogni sventura c’è una piccola parte di provvidenza. La interpreterò e vedremo se mi fa capire qualcosa”.
“Ecco i miei risultati”. Ma il Coni: ‘Ora commissario’ – E via i suoi risultati: la politica internazionale, il calcio femminile, l’equilibrio di bilancio, il Var sulla quale è arrivato “prima quello lì della Rai che non c’è più”, ovvero Aldo Biscardi, “poi è venuto Tavecchio”: “Volevo la Var dal 2014, sono stato il primo a chiamare Blatter”. “Secondo voi le quattro squadre in Champions sono venute perché Tavecchio ha la giacca blu o perché abbiamo cambiato gli equilibri europei? Uva è vicepresidente Uefa perché è bello? La Christillin è nel Consiglio Fifa grazie agli gnomi dietro le scrivanie italiche? Pensate che a 74 anni ho bisogno di sedermi su una sedia?”. Mentre sta ancora parlando, dagli Stati Generali del Coni arriva l’ultimo affondo di Giovanni Malagò: “C’è la volontà di commissariare la Federcalcio, lo dice lo statuto – spiega il presidente del Coni. che ha già convocato una riunione apposita mercoledì – Mi sembra l’unica soluzione”. Uno scenario che Tavecchio definisce “grave”.
Elezioni entro 90 giorni – L’ormai ex presidente della Figc ha ceduto alle pressioni seguite al fallimento della Nazionale, esclusa dai Mondiali 2018, ma strepita contro tutti i nemici, le “congiure di palazzo”, gli “affronti” di questi giorni. Il numero uno del calcio italiano ha comunicato la sua decisione all’inizio del Consiglio Federale poi si è sfogato in conferenza stampa. Resterà reggente fino alle prossime elezioni, che verranno indette entro 90 giorni. Salvo che Malagò non riesca nel colpo di mano. Costretto ad andarsene dopo la debacle storica degli azzurri, Tavecchio ha invitato i componenti del Consiglio a seguire la sua decisione e non ha perso occasione per polemizzare.
Siacallaggi politici – “Ambizioni e sciacallaggi politici hanno impedito di confrontarci sulle ragioni di questo risultato”, ha detto nel momento in cui ha comunicato la sua decisione. Poi ha aggiunto: “Ho preso atto del cambiamento di atteggiamento di alcuni voi. Nonostante il documento che mi hanno richiesto e condiviso, non sono disposti nemmeno a discuterlo”. Un riferimento chiaro alla decisione della Lnd guidata da Cosimo Sibilia, senatore di Forza Italia assai vicino a Malagò, che ha cambiato idea nei suoi confronti dopo una prima rassicurazione sull’appoggio compatto dei Dilettanti. “Non so a chi si riferisse – ha risposto Sibilia – Noi volevamo una maggioranza ampia per le riforme. Io metto in evidenza la grande compattezza della Lega Dilettanti, adesso si deve ripartire”.
Le pressioni di Lotti e Malagò – Dopo la mancata qualificazione degli azzurri guidati da Gian Piero Ventura a Russia 2018, il ragioniere di Ponte Lambro aveva provato a resistere ed era sua intenzione esporre oggi un programma di riforme cercando l’appoggio delle componenti del calcio italiano. Ma negli scorsi giorni si era fatta sempre più forte la pressione sia del ministro della Sport, Luca Lotti, che del presidente del Coni, Giovanni Malagò, intervenuto ancora una volta domenica sera negli studi di Che tempo che fa per “consigliare” a Tavecchio di dimettersi.
Il voltafaccia della Lnd – Con l’Assocalciatori in prima linea e la Lega Pro di Gabriele Gravina contrarie alla prosecuzione del mandato, l’ex presidente della Figc non avrebbe mai avuto un largo consenso per portare avanti le sue annunciate riforme. Alla fine è mancato anche l’appoggio della Lega Dilettanti, il regno sul quale Tavecchio ha costruito entrambe le sue elezioni dopo aver guidato quella lega per 16 anni. Anche la carta di un nome forte per la panchina della Nazionale era naufragata nel corso del week end con il ‘no’ di Carlo Ancelotti e l’indisponibilità degli altri allenatori di prima fascia, da Max Allegri a Roberto Mancini.
Tre anni di gaffe e successi elettorali – Tavecchio era diventato presidente della Figc per la prima volta l’11 agosto 2014 battendo Demetrio Albertini, nonostante fosse stato travolto dalle polemiche nelle settimane precedenti per la frase su Optì Poba, un nome di fantasia usato per identificare i giocatori africani che arrivavano in Italia e “prima raccoglievano le banane”. Era poi stato rieletto lo scorso marzo battendo l’ex presidente della Lega B, Andrea Abodi, e ottenendo una larga maggioranza.
Tommasi: “Abodi era un’ottima chance” – “Dispiace per quella occasione”, ha commentato il presidente dell’Aic, Damiano Tommasi, ricordando la mancata elezione dell’ultimo sfidante di Tavecchio. “Io il prossimo presidente? Mi auguro che sia qualcuno che possa parlare di calcio – ha aggiunto – Nessuno me lo ha chiesto finora. Comunque non è il momento di parlare di questo, ma di progettualità che sia ad ampio respiro”.