Cucina

Stelle Michelin, Gualtiero Marchesi a Cracco: “Guardare sempre avanti”. Lo chef Perdomo: “Molto felice per la mia ‘nuova’ stella”

"Quando mi tolsero la terza stella il mio commento fu 'ad ogni stella che cade esprimo un desiderio'" ricorda il grande maestro, inventore della ricetta del risotto alla milanese. E il capoluogo meneghino si conferma fulcro dell'alta cucina e tra i locali premiati per la prima volta c'è anche il Contraste: "Chi si side a questi tavoli ha grandi aspettative"

di Ilaria Mauri

Ci pensa Gualtiero Marchesi a consolare Carlo Cracco per la stella Michelin perduta: “Quando mi tolsero la terza stella il mio commento fu ‘ad ogni stella che cade esprimo un desiderio’. Bisogna sempre guardare avanti e Carlo sa cosa intendo”. Marchesi e Cracco, maestro e allievo. Uno è stato il pioniere della cucina innovativa in Italia, inventore della ricetta del celebre risotto alla milanese con foglia d’oro, l’altro ha aperto le porte della cucina alla televisione, facendone un successo. Entrambi sanno cosa vuol dire una stella in meno per il proprio ristorante. “Mi dispiace, però voglio cogliere l’occasione per complimentarmi con un bravo cuoco, Norbert Niederkofler che festeggia un meritato riconoscimento – aggiunge Marchesi -. E da ‘primo tre stelle italiano’ brindo con orgoglio alla posizione che l’Italia ha nel panorama mondiale della cucina”. Sì, perché l’Italia ha guadagnato 26 nuove stelle nella Guida Michelin 2018, confermandosi al secondo posto nel mondo per qualità della ristorazione dopo la Francia.

E tra le nuove stelle assegnate dagli ispettori al Teatro Regio di Parma, c’è anche quella al Contraste, il ristorante milanese del giovane chef Matias Perdomo. “Mi è dispiaciuto per Carlo, è uno chef che ammiro molto per il suo silenzio – dice dispiaciuto Matias -. Ciò che gli fa comunque onore è l’essersi lanciato nella grande sfida di aprire in una nuova location e accettare i rischi che comporta la scelta di ingrandirsi. Si è sempre posto nuovi obiettivi, senza accontentarsi degli onori ricevuti. Io invece preferisco godermi il percorso che, giorno dopo giorno, porta a questi obiettivi”. Di origini uruguaiane, Perdomo è uno degli chef under 40 più creativi e apprezzati dell’alta cucina. Dopo aver trasformato un’antica osteria milanese in locale gourmet a una stella Michelin, due anni fa ha deciso di di aprire il suo ristorante. Il Contraste, appunto.

“Sono molto felice per questa stella. Ne avevo già ricevuta una ma adesso le condizioni sono diverse e  affronto le cose con un nuovo spirito – racconta lo chef uruguaiano -: ho la consapevolezza che ogni giorno si ricomincia tutto daccapo e ogni piatto da preparare è una nuova sfida. Ho aperto il Contraste proprio per raggiungere un’estrema qualità, come si aspetta la Guida Michelin ma bisogna sempre cucinare divertendosi: la ricerca dell’eccellenza deve essere un piacere non un’ossessione. Non mi preoccupo di sapere chi siano i miei clienti o di cercare di indovinare se tra loro ci siano gli ispettori Michelin – prosegue Matias Perdomo -, perché per me non c’è differenza. Il giudizio che mi interessa è quello di chi entra nel mio ristorante e si siede ai tavoli con grandi aspettative: spetta a me renderlo felice e soddisfare tutte le attese, sempre”.

Con l’edizione 2018 della Guida Michelin, Milano si è conferma un punto di riferimento per l’alta cucina, quella stessa cucina creativa e aperta alle sperimentazioni avviata proprio da Gualtiero Marchesi nel suo storico locale in via Bonvesin de la Riva e rinnovata oggi, tra gli altri, proprio da Cracco e Perdomo“Milano si sta dimostrando una città di grande fermento anche nell’ambito della ristorazione. Negli ultimi dieci anni la gastronomia milanese è cambiata molto – osserva chef Perdomo –  e si è arricchita di varianti e alternative. Questa grande possibilità di scelta e di offerta fa bene alla città perché dà ai turisti e ai cittadini un’opportunità in più scegliere Milano. È fondamentale mantenere un livello molto alto di qualità, sia per le piccole pizzerie d’asporto che per i grandi ristoranti, perché ne va dell’immagine che la città comunica agli occhi del mondo”.

 

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