La salma di Totò Riina, morto il 17 novembre nel carcere di Parma, sarà sepolta nel cimitero comunale di via Guardia a Corleone, come il gotha della mafia che ha dettato legge dal dopoguerra.
Nel cimitero ci sono Luciano Liggio, latitante dal ’63 al ’74 e deceduto in carcere nel ’93 in piena stagione stragista; e pochi metri più in là, la vittima del feroce Liggio, il medico mafioso Michele Navarra, ucciso nel ’58, 13 anni dopo che suo cugino Angelo Di Carlo (boss italo-americano tornato alla fine della guerra dagli Usa), lo aveva nominato capo della cosca. In un’altra tomba c’è Giuseppe “Peppino” Ruffino, braccio destro di Liggio e killer spietato. Nel luglio dell’anno scorso è stata inumata qui l’urna con le ceneri di Bernardo Provenzano. E l’elenco potrebbe continuare.
Corleone, capitale di Cosa nostra, conservò fino al ’59 anche le spoglie di Bernardino Verro, primo sindaco socialista del paese e uno dei protagonisti dei Fasci siciliani del 1893. E conserva tuttora le ceneri di Placido Rizzotto, il sindacalista rapito il 10 marzo 1948 e i cui resti furono trovati soltanto nel 2009 in una foiba di Rocca Busambra. Tre anni dopo, l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano partecipò ai funerali di Stato per Rizzotto, celebrati dopo il riconoscimento delle spoglie avvenuto comparando il Dna con quello del padre.
Nel paese reso celebre dal “Padrino” cinematografico, che precedette la fama dei padrini veri, cinque anni fa fu trovata nel cimitero una tomba con due cadaveri. Si pensava che uno fosse quello di Verro, ma non era così: la figlia infatti traslò i resti a Palermo e l’operazione non fu ufficialmente annotata nei registri. L’altro si suppone sia quello di Calogero Bagarella, fratello di Leoluca e di Ninetta (moglie di Riina), ucciso nel ’69, a Palermo, nella strage di viale Lazio dove morirono cinque persone. Il teschio presentava un foro di proiettile, forse quello sparato a Bagarella dal boss Michele Cavataio poco prima di spirare. Un cadavere, quindi, sepolto di nascosto e in fretta e furia.
Il mistero sui due scheletri comunque resta. Come resta misteriosa l’uccisione dell’impresario di pompe funebri Francesco Coniglio, ucciso nel ’76. Uno che del cimitero e delle sue tombe conosceva ogni segreto. Ora si attende l’arrivo della bara con le spoglie di Totò Riina, ‘u curtu. Il cigolio del cancello di via Guardia accompagna i titoli di coda della mafia ruggente.