Lamezia Terme e altri 4 comuni in Calabria sciolti per infiltrazioni mafiose. Il Consiglio dei ministri ha deciso, in base all’articolo 143 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, per il commissariamento dei consigli comunali di Cassano allo Jonio, Isola Capo Rizzuto, Marina di Gioiosa Jonica e Petronà, nei quali, si legge nel comunicato del cdm, “nei quali sono stati accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata”. Una “ecatombe” che conferma la pesante influenza che la ‘ndrangheta esercita in molti Comuni calabresi per condizionarne l’attività ed accaparrarsi appalti e commesse.
La proposta del ministro dell’Interno Marco Minniti è stata fatta sulla base delle relazioni redatte delle Commissioni d’accesso nominate dai Prefetti delle tre province in cui ricadono i Comuni sciolti, Catanzaro (Lamezia e Petronà), Cosenza (Cassano allo Jonio), Crotone (Isola Capo Rizzuto) e Reggio Calabria (Marina di Gioiosa Jonica). Il lavoro delle Commissioni si era concluso nelle settimane scorse con la proposta di scioglimento rivolta ai Prefetti, che l’avevano poi trasmessa al Ministro dell’Interno.
Il Comune più importante tra quelli sciolti é quello di Lamezia Terme, che con i suoi oltre 70mila abitanti è la terza città per popolazione della Calabria dopo Reggio e Catanzaro. Per Lamezia, tra l’altro, si tratta del terzo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose dopo quelli del 1991 e del 2002. L’accesso antimafia nel Comune di Lamezia che ha portato allo scioglimento deciso stasera era stato disposto dal prefetto di Catanzaro, Luisa Latella, su delega del Viminale, il 9 giugno.
La decisione seguì solo di pochi giorni un’operazione contro la ‘ndrangheta, denominata “Crisalide“, condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Catanzaro contro la cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, che portò a decine di arresti. Nell’inchiesta vennero indagati in stato di libertà, tra gli altri, il vicepresidente del Consiglio comunale, Giuseppe Paladino, poi dimessosi dalla carica, e Pasqualino Ruberto.
Quest’ultimo, che fu candidato a sindaco in occasione delle amministrative del 2015, era stato sospeso dalla carica di consigliere comunale dal Prefetto di Catanzaro dopo essere stato arrestato nel febbraio scorso in un’altra operazione della Dda , denominata “Robin Hood“, riguardante il presunto utilizzo illecito dei fondi comunitari destinati alle famiglie bisognose. Fondi che, in realtà, sarebbero stati utilizzati, secondo l’accusa, per altri scopi, anche col contributo di presunti affiliati a cosche di ‘ndrangheta lametine. La Giunta comunale che è decaduta in seguito allo scioglimento deciso oggi era guidata da Paolo Mascaro, alla guida di una coalizione di centrodestra.
Anche per il Comune di Isola Capo Rizzuto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose non rappresenta un fatto nuovo. Un analogo provvedimento, infatti, era stato adottato nel 2003. A Cassano allo Jonio, appena lunedì scorso, era stata consegnata al sindaco, Gianni Papasso, del centrosinistra, una villa confiscata nel 2010 ad un presunto boss della ‘ndrangheta, Vincenzo Forastefano. L’intenzione del sindaco era di realizzare nella villa un centro per il “Dopo di noi”, una struttura cioé in cui accogliere i ragazzi portatori di handicap dopo la morte dei genitori.
“Tutti sappiamo che il Comune sarà sciolto ma, al momento, non ne conosciamo le motivazioni”, aveva detto il 21 novembre il sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro, parlando con i giornalisti dopo un incontro col prefetto Latella. Il prefetto ha incontrato il sindaco su delega del Ministro dell’Interno, al quale Mascaro si era rivolto chiedendo di essere sentito nell’ambito del procedimento.
“Avverto rabbia, amarezza e frustrazione – aveva aggiunto Mascaro, che il 20 novembre aveva iniziato lo sciopero della fame – insieme ad una sensazione di assenza dello Stato. Non riesco a capacitarmi del fatto che per tutto il periodo in cui é stato effettuato l’accesso antimafia in Comune, la Commissione incaricata degli accertamenti non abbia avuto il tempo di sentirmi nonostante io abbia chiesto ripetutamente di essere ascoltato. Ho l’impressione che c’è qualcuno che, ancor prima che venisse disposto l’accesso, aveva deciso che il Comune di Lamezia andava sciolto”.
Nel corso dell’incontro, il primo cittadino aveva fatto anche un riferimento a quanto dichiarato il giorno precedente dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, secondo la quale esistevano gli elementi perché il Comune venisse sciolto. “Mi chiedo – ha detto Mascaro – come la Bindi abbia fatto a dare per certo lo scioglimento del nostro Comune. Nessuno può anticipare l’esito di un’istruttoria”.