L’idea di assicurarsi contro il terremoto sembra impossibile alla stragrande maggioranza delle persone: una barzelletta. Eppure, si può fare, eccome; e lo Stato addirittura ti incoraggia se provvedi a munirti di una ‘copertura’ contro le calamità naturali. Nella legge di Bilancio è previsto un forte sconto fiscale per chi provvede a “mettere in sicurezza” i propri beni contro le intemperanze del clima. A far data dal capodanno prossimo venturo, tutti coloro che sottoscriveranno, nel 2018, una polizza per ‘proteggersi’ contro le conseguenze dannose degli eventi naturali (terremoti, alluvioni eccetera) avranno un doppio beneficio. Non solo la detrazione Irpef del 19%, ma ci sarà un’altra ‘sforbiciatina’ fiscale. Infatti, verrà cancellata l’imposta del 22,25% che, di regola, grava su chiunque paga il premio assicurativo per una polizza del cosiddetto “ramo danni”.
La ragione è facilmente intuibile. I nostri governanti sono ben consapevoli di come il territorio italico, dal punto di vista idro-geologico, si trovi ormai da decenni ben oltre la proverbiale “crisi di nervi”: smottamenti del terreno, straripamento di fiumi, torrenti e persino canali urbani, crollo di edifici abusivi costruiti in spregio alle più elementari norme anti-sismiche. In Italia, quasi la metà dei Comuni si trova in zone a rischio di calamità. Nell’ultimo decennio, lo Stato italiano – stando ai calcoli dell’Ocse – ha pagato danni per circa 35 miliardi di euro. L’ultima stima di quelli causati dal terremoto nel centro Italia del 24 agosto 2017 è di 23,53 miliardi.
Il politico italiano è ben consapevole di quanto la situazione sia difficilmente gestibile e rimediabile. Ed è altrettanto consapevole del fatto che le responsabilità del “disastro Italia” sono anche, se non soprattutto, politiche. E allora che cosa escogitano gli astuti governanti? Non già un piano A preventivo e sistematico per rimediare agli abusi compiuti e per mettere in regola i nostri paesi e le nostre città. Piuttosto, un piano B per la fase successiva al disastro. E lo fa cercando di ingolosire il cittadino e dicendogli, più o meno: stipula una bella polizza anti-catastrofe perché – se ti capiterà la sfortuna di un cataclisma – sarai risarcito. Come sempre, quando c’è da tamponare una situazione critica (vedi il caso delle pensioni anticipate) il politico italiano si inventa un rimedio destinato a rimpinguare le tasche di banche e assicurazioni. Pensate, tanto per fare un esempio, al cosiddetto Ape volontario: vai in pensione prima, ma – a questo scopo – ti faccio indebitare con una banca!
Tornando alla polizza assicurativa, la logica che anima questo provvedimento è sempre la stessa: scaricare sul cittadino i costi di una ricostruzione per la quale lo Stato non è in grado di trovare le risorse, a causa degli assurdi vincoli di bilancio europei. Così si incentiva il privato a sobbarcarsi una spesa che dovrebbe essere, invece, “pubblica” sotto forma di prevenzione, in primis, e di “sistemazione” e risarcimento a cose fatte. Se lo Stato facesse il suo dovere, non ci sarebbe bisogno di trasformare anche tragedie come quella di Amatrice in un business per le compagnie di assicurazione. Perché dico business? Perché, alla fine, la logica di una compagnia (come ho spiegato nel libro Assicurazione a delinquere) non è quella di un ente pubblico senza fini di lucro, ma esattamente l’opposto: quella di un ente privato con esclusivo fine di lucro. Come al solito, come nella sanità, la ricetta proposta non cambia: pagare una compagnia per “assicurarsi” il futuro.
Peccato non si spieghi al cittadino che, a babbo morto, cioè a disastro verificatosi, la compagnia si trasformerà nel peggior nemico del povero “disastrato” e cercherà qualsiasi pretesto per non pagare, sia esso tecnico o giuridico: i famosi codicilli, le decadenze e le prescrizioni di cui quasi mai l’assicurato viene messo al corrente, al momento della firma, perché potrebbe annoiarsi… In conclusione, che fare? Buon viso a cattivo gioco. Informarsi sempre, prima di sottoscrivere, su quali sono i veri diritti guadagnati con la tanto decantata “copertura” assicurativa. In caso contrario, il rischio è di essere beffati due volte: prima dalla calamità naturale e poi da quella “assicurativa”.