I consigli nazionali di Federazione nazionale della Stampa e Ordine dei giornalisti si riuniscono in piazza Montecitorio. Il tema della giornata è "Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie". La legislatura, ricordano, si era aperta con l’impegno a depenalizzare il reato di diffamazione. Invece ora con il decreto intercettazioni chi pubblica notizie rilevanti ma coperte da segreto rischia 3 anni di prigione
“Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie”. E’ la fotografia del giornalismo italiano secondo il sindacato di categoria – la Federazione nazionale della Stampa – e l’Ordine dei giornalisti. Per questo mercoledì 22 novembre dalle 11 i consigli nazionali si riuniscono per la prima volta in piazza Montecitorio, a Roma. E’ la prima di una serie di iniziative di mobilitazione e di protesta che gli organismi di rappresentanza della categoria promuoveranno “per denunciare l’inerzia di governo e Parlamento sui problemi del mondo dell’informazione e per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla necessità di salvaguardare il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati”, spiega la Fnsi in una nota.
Il tema della giornata, ‘Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie’, appunto, “riassume la condizione dei giornalisti italiani ed evidenza le responsabilità di governo e parlamento. Una legislatura che si era aperta con l’impegno di depenalizzare il reato di diffamazione, cancellando il carcere per i giornalisti, si avvia alla chiusura senza alcun passo in questa direzione”. Al contrario, “con il decreto sulle intercettazioni, approvato dal governo e inviato alle Camere per i pareri di competenza, si prova a introdurre una forma di bavaglio in barba a tutte disposizioni della Corte europea dei diritti dell’Uomo, che ha più volte riconosciuto il diritto dei giornalisti a pubblicare notizie di interesse generale e di rilevanza sociale, anche se coperte da segreto. Così com’è, il testo rischia di esporre i giornalisti che dovessero pubblicare notizie irrilevanti penalmente, ma rilevanti sotto il profilo dell’interesse dell’opinione pubblica a conoscere determinati fatti, alla pena detentiva fino a tre anni, prevista dal codice penale per tutti coloro che pubblicano notizie coperte da segreto”.
“Nessun provvedimento è stato invece adottato – sottolinea ancora il sindacato – per cancellare il carcere per i giornalisti, contrastare le minacce nei confronti dei cronisti e per introdurre nel nostro ordinamento misure per debellare il fenomeno delle cosiddette ‘querele bavaglio‘, strumento sempre più utilizzato per intimidire i cronisti e impedire loro di occuparsi di temi giudicati scomodi. A fronte di questo immobilismo, suonano come messaggi di facciata le attestazioni di solidarietà ai colleghi aggrediti o minacciati dalla criminalità, giunte da esponenti del governo e del Parlamento. Ancor più inaccettabile è il comportamento di quanti, nel mondo politico, fingono indignazione per le condizioni di precarietà lavorativa e assenza di diritti in cui sono costretti a lavorare alcuni cronisti sotto tiro”.
“Questa situazione, che indebolisce la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati, è aggravata dalla precarietà – affermano ancora Federazione della stampa e Ordine dei giornalisti – che pervade il mercato del lavoro. Nel mercato del lavoro giornalistico sono aumentate le diseguaglianze. Il lavoro regolare cede il passo al lavoro precario, i redditi scendono in picchiata fino a raggiungere livelli di indigenza, grazie a leggi che consentono alle aziende editoriali di utilizzare contratti di lavoro atipico. La recente legge di riforma dell’editoria è stata un’occasione perduta. Non è in discussione la concessione di aiuti diretti e indiretti alle aziende del settore, ma l’assenza di una sia pur minima misura che possa in qualche modo contrastare l’abuso di lavoro irregolare. Agli editori non è stato richiesto alcun impegno sul fronte dell’occupazione e del contrasto al precariato, a fronte di decine di milioni di euro elargiti non per creare posti di lavoro, ma per ristrutturare le aziende attraverso il ricorso, ormai sistematico, ai pensionamenti anticipati. L’assenza di interventi di riequilibrio da parte del governo mette in pericolo la tenuta dell’Istituto previdenziale dei giornalisti italiani e spalanca ancora di più le porte al lavoro senza diritti, senza tutele e senza garanzie. È singolare che il governo che ha abolito i voucher nel sistema generale non prenda neanche in considerazione i danni che l’abuso dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa sta provocando al mercato del lavoro giornalistico e agli istituti della categoria”.
“Così non si indebolisce soltanto l’informazione di qualità, ma si mette a rischio la tenuta democratica del Paese. L’informazione di qualità richiede giornalisti ai quali vengano riconosciuti diritti e retribuzioni adeguate. I giornalisti lo diranno in piazza e invitano tutti, associazioni e cittadini comuni che hanno partecipato al presidio di Ostia, ad unirsi a loro. L’auspicio è che, negli ultimi mesi della legislatura, il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, da sempre sensibile ai temi dell’informazione – concludono – trovi il tempo e il modo per dare segnali concreti di inversione di rotta”.tenza precaria e si mette a rischio la tenuta democratica del Paese.