Nell’udienza di martedì la Consulta ha stabilito che il dl 73/2017 è giustificato dal calo delle immunizzazioni e il mancato rispetto dell'obbligo non comporta l'esclusione dalla scuola. Il governatore Zaia aveva annunciato il ricorso a giugno e il 4 settembre aveva varato una moratoria del divieto di iscrizione fino all’avvio dell’anno scolastico 2019-20 per i bambini da 0 a 6 anni non immunizzati. Per poi fare dietrofront 3 giorni dopo
Il governo ha l’autorità per rendere obbligatoria la vaccinazione, una misura giustificata dal calo complessivo delle immunizzazioni e il cui mancato rispetto non comporta l’esclusione dalla scuola dell’obbligo. Sono i concetti principali della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate nei ricorsi della Regione Veneto sulla legge del governo Gentiloni – decreto legge n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017 – che impone l’esecuzione di 10 vaccini, pena la non iscrivibilità a nidi e asili degli alunni fino ai 6 anni di età e sanzioni fino a 16 anni. La quale, quindi, è pienamente legittima.
Il ricorso al giudice delle leggi era stato annunciato il 13 giugno dal presidente della Regione Luca Zaia: “Non lo facciamo perché siamo contro i vaccini”, spiegava il governatore, ma “questo decreto va addirittura oltre l’obbligatorietà, con misure coercitive“. La Regione faceva poi un ulteriore passo avanti nella battaglia il 4 settembre, quando il direttore generale della Sanità del Veneto Domenico Mantoan aveva varato una moratoria del divieto di iscrizione fino all’avvio dell’anno scolastico 2019-20 per i bambini da 0 a 6 anni che non fossero stati sottoposti a immunizzazione. Soli tre giorni più tardi sull’atto di “disobbedienza civile” era arrivato il dietrofront dello stesso Zaia. Il 26 settembre anche il Consiglio di Stato aveva dato torto alla Regione ribelle: “Si è chiarito – si leggeva nella nota con cui i giudici amministrativi argomentavano il parere richiesto dalla stessa amministrazione Zaia – che, già a decorrere dall’anno scolastico in corso, trova applicazione la regola secondo cui, per accedere ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, occorre presentare la documentazione che provi l’avvenuta vaccinazione”.
Le questioni sottoposte alla Corte costituzionale non mettevano in discussione l’efficacia delle vaccinazioni – attestata dalle istituzioni a ciò deputate (Organizzazione mondiale della sanità; Istituto superiore di sanità) e da una lunga serie di piani nazionali vaccinali – ma la loro obbligatorietà, sospesa dalla Regione Veneto con una legge del 2007 che aveva introdotto un sistema di prevenzione delle malattie infettive basato solo sulla persuasione. La Corte ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate.
Secondo i giudici costituzionali, le misure in questione rappresentano una scelta spettante al legislatore nazionale. Questa scelta non è irragionevole, poiché volta a tutelare la salute individuale e collettiva e fondata sul dovere di solidarietà nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie. La Corte ha considerato tra l’altro che tutte le vaccinazioni rese obbligatorie erano già previste e raccomandate nei piani nazionali di vaccinazione e finanziate dallo Stato nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea). Inoltre, il passaggio da una strategia basata sulla persuasione a un sistema di obbligatorietà si giustifica alla luce del contesto attuale caratterizzato da un progressivo calo delle coperture vaccinali.
È stato altresì considerato che la legge di conversione ha modificato il decreto legge riducendo sensibilmente le sanzioni amministrative pecuniarie e prevedendo che, in ogni caso, debbano essere precedute dall’incontro tra le famiglie e le autorità sanitarie allo scopo di favorire un’adesione consapevole e informata al programma vaccinale. Infine, la mancata vaccinazione non comporta l’esclusione dalla scuola dell’obbligo dei minori, che saranno di norma inseriti in classi in cui gli altri alunni sono vaccinati.
“Prendiamo atto di questa sentenza della Consulta, che rispettiamo – il commento di Luca Zaia – come governatore io ho fatto solo il mio dovere, perché ho difeso un modello che esisteva da dieci anni, fondato sulla libertà di scelta e sul dialogo con le famiglie. Ora si passa alla coercizione“. “Noi non siamo mai stati contro le vaccinazioni – ha precisato il governatore – e anzi mi spiace che la difesa di questo modello, che condividiamo con 15 Paesi europei come la Gran Bretagna, e che è stato concordato e monitorato con il ministero della Salute, sia stata presa come una posizione ‘no vax’. Vorrei ricordare – ha aggiunto Zaia – che in questi anni di investimenti e di lavoro ci siamo dotati di un’Anagrafe vaccinale informatizzata e che il nostro sistema prevedeva che al di sotto di una certa soglia scattasse l’obbligatorietà”.