Peones centristi, democristiani fuori stagione, verdiniani, alfaniani, orfani montiani. Con la legislatura ormai quasi terminata, nel secondo Parlamento figlio del Porcellum e con il record dei voltagabbana (533 tra Camera e Senato), tra i parlamentari della diaspora centrista è già partita la caccia per un nuovo posto in lista alle prossime politiche. L’unica ossessione? La riconferma in Parlamento, anche per chi ha già non poche legislature alle spalle.
“Nella Dc ci sono sempre stati gli esterni, gli interni e gli eterni. Io spero di essere uno di quest’ultimi”, rivendica un profetico Gianfranco Rotondi, deputato azzurro e leader di Rivoluzione Cristiana. Che non nasconde l’obiettivo di “rifare la Dc con chi ci sta”. Con lo sguardo, però, sempre rivolto verso Arcore e Silvio Berlusconi. Una direzione verso cui tende anche “Risorgimento italiano”, il “progetto” di Naccarato, Tremonti e Sgarbi: “Dove troverò i voti? Noi prenderemo il 3%, oltre un milione di consensi. Mi venga a cercare dopo le urne”, azzarda lo stesso Naccarato, neo coordinatore “nazionale” della lista, prossima civetta berlusconiana.
Verso il leader forzista vorrebbe guardare anche Maurizio Lupi, costretto però a rivendicare la corsa solitaria di Alternativa popolare, per evitare la faida interna con chi è ancora filorenziano, come Alfano e Lorenzin: “Saranno gli elettori a decidere se tornerò in Parlamento, io ci metterò la faccia”, rivendica il coordinatore di Ap. Altri si sono già riciclati, come Aldo Di Biagio, un passato tra le fila del Pdl: “Sono pronto a correre per i Centristi per l’Europa. Mi faccia l’in bocca al lupo”.
Alla ricerca di una collocazione – e di una nuova poltrona in Parlamento – ci sono pure i verdiniani: dal capogruppo Lucio Barani a Pietro Langella, fino a Ignazio Abrigani. “La politica? Difficile lasciarla”, ammette quest’ultimo. Barani, invece, rivendica convinto, dopo quattro mandati alle spalle: “Questa legislatura? La potete chiamare con il mio nome. Sono pronto alla sfida in un collegio”. In coalizione con Renzi? “No, in nome di Barani”, prova a nascondere le carte. Ma la strada è già segnata. “Se Barani può aspirare al quinto mandato, io posso tranquillamente correre per il secondo”, spiega invece Langella, collega di partito.
Un capitolo a parte, lo meritano invece Carlo Giovanardi e l’alfaniano Guido Viceconte. Il primo spiazza tutti, con tanto di annuncio: “Non mi ricandido, ho già dato”. Prima di lasciare spazio a un possibile ripensamento, con citazione hollywoodiana: “Domani è un altro giorno…”. Il senatore Viceconte, invece, di lasciare lo scranno non ne ha alcuna voglia, nonostante quasi 20 anni di carriera parlamentare alle spalle: “Certo che mi ricandido. Ho ancora molto da dire, molto”. Infine, spazio agli indecisi: “Non so se sono ancora utile al Paese, ho una certa età”, ammette il socialista Buemi. Mentre Pino Pisicchio, presidente del gruppo Misto alla Camera al sesto mandato, questa volta si rivolge al fato: “Mi ricandido? Ai posteri l’ardua sentenza”.