Il pacchetto pensioni proposto dal governo ai sindacati arriva in legge di Bilancio. L’emendamento presentato dall’esecutivo alla manovra prevede come annunciato che 15 categorie impegnate in lavori gravosi siano esentate dall’aumento automatico dell’età pensionabile a 67 anni che scatterà per tutti gli altri dal 2019. Stando alla relazione tecnica, il costo per le casse dello Stato sarà di 100 milioni nel solo 2019 e salirà progressivamente fino a 166 milioni nel 2027. Nel complesso, si parla dunque di una spesa aggiuntiva di oltre 1 miliardo, senza contare le mancate entrate fiscali e i maggiori versamenti da parte dei datori di lavoro. La modifica arriva il giorno dopo il monito della Ue sulla necessità di non fare retromarce rispetto alle riforme previdenziali per non mettere a rischio la necessaria riduzione del rapporto debito/pil.
Secondo il documento però la deroga “non altera strutturalmente la sostenibilità di medio – lungo periodo della spesa pensionistica, della finanza pubblica e del debito”. L’emendamento prevede anche la riforma del meccanismo che lega le aspettative di vita al tetto di età pensionabile e l’istituzione di una commissione per la definizione di attività gravose e di un’altra che dovrà sancire la separazione della spesa previdenziale da quella assistenziale.
Saranno esentati dall’innalzamento automatico dell’età (sia per le pensioni di vecchiaia sia per quelle anticipate, i vecchi trattamenti di anzianità) maestre di asilo, infermieri delle sale operatorie e sale parto, edili, gruisti, camionisti, macchinisti ferrotranviari, addetti alle pulizie, conciatori di pelli, addetti all’assistenza di invalidi, operatori ecologici, operai dell’agricoltura, della zootecnica e pesca, pescatori dipendenti o soci di cooperativa, lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature, marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e nelle acque interne. Per rientrare nei requisiti bisogna avere svolto le mansioni gravose “da almeno sette anni nei dieci precedenti il pensionamento” e avere “una anzianità contributiva di almeno 30 anni”.
Nel 2019 i beneficiari, sempre stando alla relazione tecnica, saranno 14.600. Per il calcolo della platea il governo tiene però conto anche, come si legge nella relazione tecnica, “di circa 10mila lavoratori ‘gravosi’ beneficiari” dell’Ape social, “che andranno in pensione tra il 2019 e il 2023”. Ai lavoratori che saltano lo scatto del 2019 non si applicherà “il vincolo di conseguire necessariamente il requisito anagrafico dei 67 anni dal 2021” previsto come clausola di salvaguardia dalla riforma Fornero. Quindi “il beneficio di 5 mesi rimane strutturale”. Per il primo anno, il 2019, si considerano esentati 3.700 lavoratori gravosi delle 11 categorie già individuate per l’Ape social, cui si aggiungono 2.200 delle 4 categorie aggiuntive e 800 persone che hanno svolto lavori usuranti per quanto riguarda il pensionamento di vecchiaia, in totale 6.700. Il pensionamento anticipato con l’età ferma a 66 anni e 7 mesi riguarderà invece 5.700 gravosi cui se ne aggiungono altri 1.600 delle nuove categorie, più 600 usuranti, in totale 7.900.
La tabella relativa ai costi prevede nel primo anno un costo di 121,9 milioni di cui 100 di maggiore spesa pensionistica e nel primo triennio un costo complessivo di 490 milioni di cui 385 di spesa pensionistica aggiuntiva e il resto come minori entrate fiscali e maggiori versamenti da parte dei datori di lavoro. Si arriva a 300,2 milioni a regime nel 2027, 166,2 dei quali di maggiore spesa pensionistica.
Arriva poi l’equiparazione del trattamento tributario della previdenza complementare per i dipendenti pubblici a quella dei dipendenti privati con effetti quindi sia sui contributi sia sulle prestazioni erogate. Secondo quanto si legge nella relazione tecnica, la novità dovrebbe incentivare le adesioni che dovrebbero arrivare al 14% nel 2027 contro una stima altrimenti fissata all’8%. Per i neoassunti è prevista dal 2019 la possibilità di aderire attraverso il meccanismo del silenzio-assenso. L’ipotesi è che la percentuale di adesione possa essere del 25%. Complessivamente il combinato disposto di queste misure potrebbe portare “a un tasso di adesione del 20% intorno al 2027”. Di conseguenza, viene stimato che “gli effetti negativi alla fine del decennio sarebbero pari a oltre 134 milioni annui”.