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Editoria e mattone, Tempi duri con Mainetti che chiude anche l’edizione web del settimanale ciellino

Il sogno dell’impero editoriale dell'immobiliarista del gruppo Sorgente, rischia di diventare un incubo. Oltre al caso del giornale vicino a Cl c'è Il Foglio che galleggia grazie ai contributi pubblici e il progetto Gazzetta del Mezzogiorno stenta a decollare

Il sogno dell’impero editoriale di Valter Mainetti, proprietario del gruppo Sorgente, rischia di diventare un incubo. Il settimanale ciellino Tempi chiude definitivamente i battenti, Il Foglio galleggia grazie ai contributi pubblici e il progetto Gazzetta del Mezzogiorno stenta a decollare. Il polo, che ruota attorno alla controllata Musa Comunicazione, resta in leggero utile per il 2016, ma i debiti lievitano (5,5 milioni principalmente con la controllata) e le sfide per il futuro non sono poche. Innanzitutto Mainetti dovrà gestire la patata bollente del settimanale vicino a Comunione e Liberazione, acquistato a gennaio assieme all’immobiliarista Davide Bizzi, con un’avventura editoriale avviata “per diversificare la propria presenza nel settore editoriale”, come si legge nel bilancio 2016 di Musa Comunicazione. E chiusa in appena nove mesi.

Ufficialmente il giornale di proprietà della ETD digital, controllata da Mainetti e Bizzi (40% ognuno), avrebbe dovuto traslocare sul web. Ma nel giro di poche settimane è tramontato anche il sogno virtuale e a quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, Tempi è sulla via della liquidazione con una redazione che da due mesi non riceve gli stipendi e ora sta ricevendo le lettere di licenziamento. Un triste destino per il giornale che Mainetti e Bizzi, con il contributo del terzo socio Samuele Sanvito, avevano a loro volta acquistato proprio nell’ambito di una procedura di liquidazione mettendo sul piatto 150mila euro a testa. Per rilanciarlo i due palazzinari avevano voluto come direttore Alessandro Giulienfant prodige della redazione di Giuliano Ferrara che però gli aveva preferito il renziano Claudio Cerasa per la guida del Foglio. I due immobiliaristi prospettavano un ritorno in grande stile per il settimanale fondato nel 1994 da Luigi Amicone. Poi, improvvisamente, è arrivata la doccia fredda con la decisione di chiudere Tempi peraltro nel bel mezzo di una campagna elettorale in cui la destra sta guadagnando posizioni sui Dem. Il motivo? I conti non tornano e i due immobiliaristi hanno pensato di sfilarsi rapidamente dal giornale per evitare di mettere mano al portafoglio. Forse nei tempi in cui il mattone andava a gonfie vele le cose sarebbero andate diversamente. Ma oggi gli affari non girano come una volta: Sorgente spa ha chiuso il 2016 in perdita per più di sei milioni e anche Bizzi, che confida ancora nello sviluppo dell’area di Sesto San Giovanni, non se la passa bene (60 milioni con 4,5 milioni per la sua Bizzi&Partners Development nell’ultimo bilancio disponibile datato 2015).

L’affare Tempi non è del resto l’unica grana editoriale che Mainetti ha dovuto affrontare negli ultimi tempi: al Foglio ha trovato una situazione contabile disastrosa. Dopo aver liquidato nel 2016 il banchiere Matteo Arpe comprando il suo 32% per 1 milione, Mainetti ha dovuto ricapitalizzare il Foglio Edizioni srl, società proprietaria della testata giornalistica, concessa in affitto al Foglio quotidiano società cooperativa. “Tale aumento si è reso necessario a fronte della situazione patrimoniale ed economica del Foglio al 30 settembre 2016, riportante perdite per 4,228 milioni ed un patrimonio negativo per 255.437 – si legge nella nota integrativa al bilancio 2016 della Musa comunicazione srl – per cui è stato necessario adottare i provvedimenti previsti dall’articolo 2482 ter del codice civile”, cioè l’aumento di capitale per perdite superiori ad un terzo del patrimonio. E subito dopo ha avviato una cura dimagrante: per abbattere i costi le redazioni sono state spostate in immobili di proprietà di Sorgente.

Così il team di Cerasa si è trasferito in via del Tritone, nel quartier generale di Sorgente group. A Milano, invece, i giornalisti hanno traslocato nella sede di via Vittor Pisani, inaugurata anni fa in vista della quotazione, poi fallita, di Sorgente sgr. Intanto al Foglio Edizioni srl è arrivato un nuovo socio: l’amministratore delegato del quotidiano, Ilaria Fasano, ha comprato il 5% dell’azienda che da sempre, attraverso la cooperativa di gestione, incassa fior di contributi pubblici per l’editoria. Denaro che ha tenuto a galla l’azienda e su cui si conta anche per il futuro: secondo quanto riferisce il bilancio della cooperativa, nel 2015, il giornale ha ottenuto 462.462 euro solo per la parte web. Ma ha in corso un contenzioso al Tar con l’obiettivo di intascare altri 750mila euro.

Inoltre la cooperativa, che fattura 3,8 milioni, prevede di ottenere per il 2016 ancora 1,6 milioni. Quanto basta, insomma, per rientrare dell’investimento fatto da Mainetti nel Foglio. A patto naturalmente che tutto fili liscio. Perché, con i contributi pubblici in via di estinzione, incombe il rischio di sborsare altro denaro. Il quantum eventualmente si vedrà. Il tema è invece di attualità nella trattativa per il controllo della Gazzetta del Mezzogiorno. A giugno dello scorso anno Mainetti è entrato nel capitale di Edisud, editrice del quotidiano meridionale che fa capo a Mario Ciancio Sanfilippo. L’obiettivo era arrivare al 100% del capitale, ma non si trova la quadra sul prezzo per conquistare il giornale in passato largamente finanziato dalla Banca Popolare di Bari. Istituto di credito, quest’ultimo, che ha sostenuto anche la celebre pellicola “Lo chiamavano Jeeg Robot” del regista Gabriele Mainetti, figlio dell’immobiliarista romano. Ma questo è un altro (gran bel) film.