Il parlamentare calabrese del Alternativa Popolare era accusato di aver incontrato i boss della ‘ndrangheta lametina, Giuseppe Giampà e Saverio Cappello, ai quali avrebbe chiesto i voti in occasione delle elezioni regionali del 2010
Il senatore Piero Aiello è stato assolto dall’accusa di corruzione elettorale. Lo ha deciso ieri la quinta sezione penale della corte di Cassazione facendo diventare definitiva la sentenza di secondo grado che era stata emessa dalla corte d’Appello di Catanzaro nel processo “Perseo” contro le cosca Giampà di Lamezia Terme. Il parlamentare calabrese del Alternativa Popolare era accusato di aver incontrato i boss della ‘ndrangheta lametina, Giuseppe Giampà e Saverio Cappello, ai quali avrebbe chiesto i voti in occasione delle elezioni regionali del 2010 quando il politico si era candidato nella lista del Popolo della Libertà che sosteneva l’ex governatore Giuseppe Scopelliti.
Diventati collaboratori di giustizia, i due boss avevano raccontato alla squadra mobile di Catanzaro i dettagli di quel presunto colloquio avvenuto presso uno studio legale con il futuro senatore Aiello: “Ci raccomandò di trovargli il più possibile i voti per farlo eleggere in quanto si trattava di una persona che poi ci avrebbe ricambiato appunto mettendosi a nostra disposizione”. Accuse che Aiello, difeso dall’avvocato Nunzio Raimondi, ha sempre respinto venendo assolto in primo e in secondo grado. Dichiarando inammissibe il ricorso presentato dal procuratore generale presso la corte d’Appello di Catanzaro, la Cassazione chiude la vicenda giudiziaria del senatore alfaniano secondo cui “è stata necessaria davvero una incrollabile fiducia nella giustizia per arrivare, quantunque assai provato, al termine di questi tre gradi di giudizio”. “Posso ora riprendere – ha detto il parlamentare – la mia strada di servizio alla mia comunità, agli ultimi e non protetti, guardando, con fiducia, al futuro”.
“È stato questo un processo – ha aggiunto il suo legale Raimondi – nel quale la pubblica accusa ha esercitato in pieno le sue prerogative ed i rimedi previsti dalla legge, dapprima per chiedere l’arresto, ottenendo il rigetto delle proprie richieste complessivamente da parte di tredici giudici, e poi nei giudizi di merito, dovendo prendere atto di due assoluzioni e, da ultimo, subendo un giudizio di inammissibilità del ricorso da parte dei giudici di legittimità, collezionando così il rigetto dell’ipotesi accusatoria, nei vari gradi di giudizio cautelare, di merito e di legittimità, da parte complessivamente di ventitré giudici. Orbene, se anche questa ultima decisione premia il non formale rispetto da parte del senatore Aiello per le leggi e per i giudici chiamati ad applicarle, rimane lo stupore per una così pervicace insistenza dell’organo d’accusa nel perseguire una persona perbene, completamente estranea ai fatti e sorge, quindi, legittimo l’interrogativo di chi debba ora rispondere di quattro anni di autentico calvario, giudiziario e mediatico, verso un uomo pubblico onesto, corretto e coraggioso. Penso che su questo aspetto occorra una seria riflessione pubblica”.