Assumersi le responsabilità delle proprie azioni passa inevitabilmente dall’accettarne le conseguenze. Nelle situazioni di maltrattamento domestico, gli autori compiono spesso un faticoso percorso per capire le loro responsabilità, ed è tramite gli effetti della violenza su chi sta loro vicino e di cui riescono a rendersi conto che possono muovere il primo passo per chiedere un aiuto, comprendono, a qualche livello interiore, di esserne la causa.

Prendere consapevolezza del maltrattamento però non lo cancella, anzi rende tutto più difficile, capito il problema non ci si può più nascondere in alcun modo e bisogna intervenire esclusivamente su sé stessi, abbandonando l’illusione che debba essere la donna a cambiare qualcosa, eventualmente lo farà come risposta a diverse modalità di interagire del compagno.

La donna non dimentica, non può dimenticare e non deve dimenticare e lo stesso vale per i figli, qualora la violenza sia agita anche su di loro in forma diretta o assistita.

La difficoltà di molti uomini non risiede tanto nel comprendere la gravità di quanto possono aver commesso, ma nell’accettare che gli effetti prodotti possono rimanere a lungo, non scomparire mai completamente e riattivarsi al primo momento di tensione, anche se non è più presente l’intenzione di ripetere atteggiamenti e comportamenti aggressivi. Se non accettano questo, non fanno altro che far rinascere la propria rabbia, perché frustrati, aumenta così il rischio di spaventare nuovamente la donna, quando non di farle del male, si crea terreno fertile per le vecchie dinamiche. Non esistono vie d’uscita comode, la responsabilità e gli effetti della violenza rimangono sempre. Questo non toglie che sia ancora possibile una vita relazionale funzionale e senza violenza, bisogna non avere la pretesa che la donna cancelli quanto ha vissuto e che qualcosa, in lei, non si possa riattivare.

Ogni sforzo dell’uomo deve andare nella direzione di un cambiamento di atteggiamento e di comportamento, in nessun caso l’obiettivo deve essere far dimenticare il maltrattamento, volerlo non è altro che l’ennesimo tentativo di far soccombere i bisogni della donna o dei figli di fronte ai propri.

Cambiare si può, ma è necessario accettare che non bisogna mai scordare quello che ha costituito la motivazione a farlo, ossia un disagio presente nei propri affetti più cari e che spesso è lì a ricordare non solo il danno fatto, ma quello che non si vuole più fare.

Vignetta di Pietro Vanessi

 

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