L'ex ministro attacca il vescovo per aver vietato la funzione nelle sedi di partito (tutti) e nelle occasioni pubbliche. "Mai successo nelle diocesi della Repubblica" e conclude l'anatema con toni minacciosi. La curia replica: "Dichiarazioni provocatorie e irrispettose". Il botta e risposta a un mese dalla presa di Renzi della Basilica di Paestum
Nessuno benedice la sede del Pd, ci pensa il politico. Che poi aggiunge: “Ma non finisce qui”. Anche perché a stretto giro gli arriva la scomunica. Viterbo, città natale e terra d’elezione (dal lontano ’96) del deputato ed ex ministro Giuseppe Fioroni. Alle 13 di sabato viene inaugurata la nuova sede cittadina del Partito democratico. C’è una piccola cerimonia con i dirigenti locali in via Luigi Galvani. Tutti aspettano il parroco, ma il parroco non arriva perché si rifiuta di accorrere a benedire il locale ottemperando in questo una precisa disposizione del vescovo cittadino. Lino Fumagalli ha infatti vietato la benedizione in tutte le sedi di partito e nelle occasioni pubbliche in genere, limitando la funzione a quelle private. Nessuno ha protestato prima, ma a Fioroni – ultracattolico, ex sindaco di Viterbo, ex ministro e già membro della Camera da 21 anni – proprio non va giù. Tanto che si lancia in una durissima reprimenda contro il vescovo, scomodando crocefissi a scuola e Papa Francesco e alla fine provvede di persona, non senza un minaccioso “facciamo noi, ma non finisce qui”. E infatti non finisce: perché la Curia replica in serata alla “strumentalizzazione” che muove da parole “provocatorie e irrispettose”.
Il tutto è testimoniato da un video su youtube postato dal sito tusciaweb.eu. Non si sa se la scelta del vescovo di Viterbo sia stata una reazione di fastidio allo sgomitare di partiti e politici per accreditarsi a tutti i costi come forze vicine ai fedeli. Come Matteo Renzi che a Paestum s’impadronisce dell’altare della basilica e accanto all’immagine di Gesù misericordioso arringa i fedeli con un comizio elettorale (mai autorizzato). O magari Luigi Di Maio che un mese prima baciava la teca del sangue di San Gennaro. Sempre tra fiumi di polemica. Di sicuro il non expedit arrivato giusto un mese dopo a Viterbo fa infuriare Fioroni che parla del gran rifiuto per quasi sei minuti. “Non era mai successo nelle diocesi della nostra Repubblica”, dice, perché “come il crocifisso a scuola la benedizione fa parte dei valori che riguardano tutti”. E ancora “questa decisione va contro gli insegnamenti di Papa Francesco che invita a favorire tutti e a sentire la responsabilità di rimboccarsi le maniche”. E nella durissima reprimenda l’attacco a Lino Fumagalli: “Ha una testa che guarda all’indietro”. Fioroni, a onor del vero, non parla solo per il Pd ma per la politica. E non solo per la politica ma cita anche banche e negozi. E allora “se siamo privati della possibilità di essere benedetti nel buio e nel segreto delle catacombe, ecco, credo che ce la faremo da soli”. E alla fine è stato proprio Fioroni a leggere la formula religiosa di rito, ergendosi a monsignore.
Epilogo. La Curia non porge l’altra guancia e in serata dirama una nota altrettanto dura che è anche una lezione in pillole di laicità per i politici. “Non è abitudine della Chiesa benedire le sedi di partito che, per definizione, sono “parte”, mentre la chiesa è realtà globale. Nel caso specifico della nuova sede del Pd a Viterbo, al vescovo direttamente non è arrivata alcuna richiesta di benedizione”. La nota spiega anche che “la richiesta era stata rivolta al parroco di competenza, che, nella sua prudenza e buon senso, ha accolto l’invito proponendo, però, un altro momento, più raccolto e familiare, diverso da quello dell’inaugurazione. La proposta non è stata compresa né accettata. La prassi ecclesiale di non benedire le sedi di partito mira a evitare facili strumentalizzazioni, come, nel caso specifico della nuova sede del Pd di Viterbo, la polemica e le ragioni addotte stanno a dimostrare”.