Cinque condanne con pene che vanno dai cinque ai sedici anni di reclusione. È la sentenza emessa alla fine del processo con rito abbreviato per le infiltrazioni della camorra nel settore degli appalti e per commistioni con la pubblica amministrazione che vede imputati, tra gli altri, esponenti del clan Lo Russo attivo nell’area nord di Napoli. La sentenza è stata emessa oggi dal gup del tribunale di Napoli, Livia De Gennaro, che ha accolto le richieste dei pm Henry John Woodcock e Enrica Parascandolo. Al centro del processo le infiltrazioni negli appalti da parte della società Kuadra, che opera nel settore delle pulizie negli ospedali e che gli inquirenti ritengono di fatto gestita del clan attraverso propri affiliati.
Sedici anni sono stati inflitti a Giulio De Angioletti, otto anni a Vincenzo Lo Russo e Antonio Festa, cinque a Mario Lo Russo e Francesco Orrù. Assolti Rosario Baselice e Giuseppe Lo Russo. Il giudice ha riconosciuto la sussistenza del reato di associazione mafiosa. Una associazione – come contestato dai pm – dedita al condizionamento del mercato del lavoro (assunzioni in buona parte fittizie di appartenenti al clan Lo Russo), e che acquisiva attraverso la Kuadra appalti nella pubblica amministrazione, in particolare aziende sanitarie, grazie a collusioni con la pubblica amministrazione. Per altri imputati il processo si svolgerà con rito ordinario.
La Kuadra è una delle cooperative sanzionate dall’Antitrust nel gennaio del 2016 per gli appalti di pulizia nelle scuole della Consip. Secondo l’authority c’era “un’intesa segreta di tipo orizzontale” per “restringere la concorrenza” e “condizionare gli esiti della gara”. Un vero e proprio “cartello” che si è spartito una torta di oltre un miliardo e mezzo di euro di soldi pubblici, alle spalle dello Stato che con la gara Consip avrebbe dovuto risparmiare. Invece il Consorzio Nazionale Servizi, Manutencoop, Roma Multiservizi e Kuadra si erano messe d’accordo per dividersi i lotti, conservando il proprio portfolio di clienti nelle rispettive aree di interesse. Per questo erano state condannate a pagare una multa complessiva di oltre 110 milioni di euro. Il dossier dell’Antitrust era stato trasmesso alla procura di Roma, titolare dell’inchiesta sull’imprenditore Alfredo Romeo.