Una messa in scena figurativamente tra il camp e il kitsch, tra le venature grottesche del Rocky Horror Picture Show e le gommose deformazioni facciali di Brazil, per la mai troppo celebre tragedia, violenta e folle, del sovrano zoppo, disposto a tutto pur di indossare la corona di re interpretato da un inatteso Massimo Ranieri
È “finito l’inverno del nostro scontento”. Niente più spiriti e voci dall’aldilà a far impazzire il deforme Riccardo III di Shakespeare. Qui c’è una madre risoluta vendicatrice a spazzare via ogni sanguinaria gloria di potere maschile. Parliamo di Riccardo va all’inferno, versione “femminista”, in forma di musical, del testo shakesperiano voluta dalla regista Roberta Torre, e presentata al 35esimo Torino Film Festival. Una messa in scena figurativamente tra il camp e il kitsch, tra le venature grottesche del Rocky Horror Picture Show e le gommose deformazioni facciali di Brazil, per la mai troppo celebre tragedia, violenta e folle, del sovrano zoppo, disposto a tutto pur di indossare la corona di re.
Ambientato tutto in interni strabordanti arredamenti d’antan mescolati a tappezzerie dorate e damascate, costumi e oggettistica anni sessanta/settanta, più latex trasparenti, jabot e tessuti lurex, Riccardo all’inferno colpisce proprio per questa inedita ostentazione di residuati plasticosi che si sciolgono, sudore grondante, saliva colante, frattaglie, soffritti, dita mozzate, strisciate di coca, pennellate più che matite sotto gli occhi, parrucche e maschere ridondanti, sfuocature laterali di bianco accecante per una immersione quasi fantastica in un mondo reale in cui regnano violenza e orrore diffuso. I Mancini in fondo con questo linguaggio in cui si fondono stralci di tragedia originaria e singulti di slang contemporaneo, potrebbero essere classici boss della malavita, un po’ mafia sicula, un po’ Gomorra, e un po’ lido di Ostia, spappolati, rigonfi, doppi e pallidi esseri che si trasfigurano di fronte alla bramosia di potere.
“Nelle classiche versioni di questo testo le figure femminili sembravano figure passive in grado solo di sublimi maledizioni. Invece le donne del mio film agiscono in modo diverso. I tempi sono cambiati. Questo è un po’ un Riccardo III 2.0”, spiega la Torre all’incontro stampa durante il TFF. “Avevo già lavorato ad una versione teatrale di questo testo, ma avevo bisogno di entrare nei dettagli, di sviscerare qualcosa in più di questo eroe negativo. E poi sono sempre stata attratta da questi mutilamenti reciproci dei personaggi, da questi pezzi di corpo che vengono a mancare”. Sorprendente il cast nella sua interezza con una Sonia Bergamasco che abbatte ogni confine anagrafico e simbolico nel mostrarsi mutante e sadica matriarca, ma anche i freak e la genia dei Mancini non scherzano. Tra questi segnaliamo la presenza di una teatrante risoluta come Silvia Calderoni dei Motus, che sembra aver messo un po’ da parte l’Antigone e che tra Amori che non sanno stare al mondo, Riccardo all’inferno e il recente La leggenda di Kaspar Hauser, insuffla un certo perturbante anticonformismo androgino che spaventa. Il film uscirà in sala giovedì 30 novembre 2017.