L'authority: "Per contrastare il fenomeno dell'evasione si potevano usare altri strumenti che non diano luogo a distorsioni concorrenziali". Il rischio è che la cedolare secca vada a scapito di chi si fa pagare con strumenti telematici e per questa via "riduca ampiezza e varietà dell’offerta". L'auspicio è che i rilievi dell'autorità siano "tenuti in adeguata considerazione" in futuro
La cosiddetta tassa Airbnb, cioè la cedolare secca sugli affitti brevi al 21% introdotta con la manovra bis, può alterare la concorrenza e danneggiare i consumatori. E’ il giudizio dell’Antitrust, che ha inviato una segnalazione ai presidenti di Camera e Senato, al ministero dell’Economia e all’Agenzia delle Entrate per segnalare i rischi legati alla norma sponsorizzata dal presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia.
Pur riconoscendo che l’obiettivo è “contrastare il fenomeno dell’evasione“, l’autorità la ritiene “potenzialmente idonea ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori finali dei servizi di locazione breve”. La tassa sugli affitti brevi, introdotta nella manovra correttiva di primavera, prevede tra l’altro che gli intermediari immobiliari – che siano portali online o agenzie tradizionali attive nel mercato degli affitti turistici – raccolgano le tasse dovute dai proprietari di casa e trasmettano i relativi dati alle Entrate.
“L’introduzione dei suddetti obblighi non appare proporzionata rispetto al perseguimento” delle finalità di “realizzare un interesse pubblico di natura fiscale e a contrastare il fenomeno dell’evasione”, che potrebbero “essere perseguite altrettanto efficacemente con strumenti che non diano al contempo luogo a possibili distorsioni concorrenziali nell’ambito interessato”. Tra l’altro, rileva ancora l’Antitrust, la norma rappresenta “un unicum nell’ambito del panorama europeo”. In particolare, scrive l’Autorità, la misura rischia di “scoraggiare, di fatto, l’offerta di forme di pagamento digitale da parte di piattaforme che hanno semplificato e al contempo incentivato le transazioni online, contribuendo a una generale crescita del sistema economico”.
Il rischio è dunque che si alteri la concorrenza tra i gestori dei portali telematici, “a discapito di coloro che adottano modelli di business fortemente caratterizzati dal ricorso a strumenti telematici di pagamento”. E secondo l’Autorità, questo “potenziale minor ricorso delle piattaforme telematiche a forme digitali di pagamento nell’ambito delle locazioni brevi potrebbe penalizzare i consumatori finali conducendo a una minore ampiezza e varietà dell’offerta, nonché avere un possibile impatto negativo sulla domanda stessa”. Il suggerimento è che la disciplina si limiti “a prevedere misure meno onerose per i soggetti coinvolti”, come “la previsione di un obbligo fiscale di carattere informativo in capo agli intermediari e ai gestori di piattaforme immobiliari telematiche”, che sarebbero così tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrare – a una cadenza da definire – il flusso delle prenotazioni raccolte.
L’Antitrust auspica che i suoi rilievi – non vincolanti – “siano tenuti in adeguata considerazione” in particolare in riferimento alla norme sugli affitti brevi e “in occasione dei futuri interventi normativi” sull’economia digitale.