La distanza in linea d’aria dal centro geografico del Kuwait al centro geografico di Israele è di 1.229 km, colmabili con poco più di un’ora di volo aereo. Sono due Stati mediorentali vicini, con caratteristiche climatiche simili. Le differenze però sono marcate. Nella pagina ufficiale dello Stato del Kuwait, ad esempio, si spiega che secondo la legge islamica sono considerati crimini l’apostasia, l’assassinio, l’adulterio, la fornicazione, l’omosessualità e il furto. Viceversa, in Israele non sono reato la fornicazione, l’adulterio, l’apostasia e l’omosessualità. Le leggi penali israeliane sono laiche, quelle del Kuwait sono religiose.

Il primo è uno Stato laico, il secondo teocratico. Fin qui, semplici differenze. Ma perché rimarcarle? La scorsa estate, un cittadino israeliano ha cercato di viaggiare da Francoforte a Bangkok con un aereo della Kuwait Airways, ma gli è stato impedito, a causa della sua nazionalità. Negato l’imbarcoHa fatto causa in Germania, ma l’ha persa, perché il tribunale di Francoforte ha statuito che la legge tedesca non punisce la discriminazione basata sulla nazionalità. Tale discriminazione è però espressamente vietata dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, cui la Germania appartiene, che però si applica soltanto laddove il diritto europeo è chiamato in causa.

Il giudice tedesco ha evidentemente ritenuto di non richiamarlo, anche se – verrebbe da dire – il richiamo a un diritto fondamentale non sarebbe nemmeno da richiamare. Il giudice, poi, avrebbe potuto gettare un’occhiata al protocollo numero 12 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, laddove prevede all’articolo 1 un divieto generale di discriminazione, stabilendo che “il godimento di ogni diritto previsto dalla legge deve essere assicurato, senza discriminazione alcuna, fondata in particolare su sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o di altro genere. Sull’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione. Nulla, nessun richiamo nemmeno ai diritti umani.

Il sindaco di Francoforte ha giustamente condannato l’accadimento, prendendo le distanze dalla propria Corte di Giustizia, affermando che una compagnia aerea che pratica la discriminazione e l’antisemitismo rifiutando un passeggero israeliano, non dovrebbe poter atterrare a Francoforte. Confida, anche lui, nel ricorso proposto dal passeggero negato.
Comunque andrà il giudizio intrapreso, resterà la vergogna di un Paese liberato a caro prezzo dall’occupazione irachena, che ripaga con l’oscurantismo più bieco, vietando a chi ha la colpa di essere israeliano l’accesso ai propri aerei. Ah, dimenticavo, in Israele ci sarebbe l’apartheid.

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