Dopo Gerardo Pozzi e la sua Badabùm, proseguono i miei consigli per gli ascolti. Oggi è la volta di un cantautore reatino classe 1990: Carlo Valente e, in particolare, la sua canzone Tra l’altro. Il brano ha vinto il premio Bindi per il miglior testo e dà il titolo al suo primo album, finalista nella cinquina per le targhe Tenco di questo 2017.

Parla dell’incredibile storia di Federico Aldrovandi. Tra l’altro, tra le altre cose, di sfuggita, il senso del brano esprime tutto il ribrezzo per l’accaduto e l’incredulità del fatto che sia possibile spezzare la vita di un ventenne in un modo così atroce. L’io poetico si rivolge ai suoi assassini, come chi non ha tempo da perdere, come chi è già vento, disciplina della terra. Questa alterità è resa perfettamente dall’armonia della musica, mai giocata con accordi pieni e nella consueta successione armonica funzionale alla narrazione (come accade nella canzone d’autore classica), ma con accordi di settima e diminuiti, che valgono musicalmente per ciò che sono e alleggeriscono il peso al tutto. In questo modo si crea un’unione davvero riuscita tra il senso del testo e della musica.

C’è un gioco di opposti che dona forza al brano: l’enorme dignità di Aldrovandi, contro l’enorme piccolezza dei suoi assassini; l’armonia degli accordi, quindi la musica che sublima la realtà, contro l’accusa chiara, diretta e senza fronzoli delle parole, che qui in certi passi sono pesanti come macigni. È così che questo gioco di opposti rende la figura di Federico Aldrovandi in un luogo “altro” ma presente nella memoria, “tra la strada e le nuvole”, dove la voce del cantautore trova la propria armonia e può denunciare limpidamente i fatti: “io mi tengo i miei lividi/ voi le scuse più inutili”.

La voce di Valente è diretta, orizzontale, non si nasconde dietro a niente, come purtroppo non succede nel cosiddetto “indie” italiano e come invece accade nella migliore tradizione della canzone d’autore.

Con la regia di Emanuele Torre e le interpretazioni dello stesso Carlo Valente, di Jessica Kristine Agnoli, Pierfrancesco Nacca e Giulia Paoletti, il videoclip esprime molto bene la tensione del brano, che dal minuto 3:15 in poi presenta un intermezzo strumentale marciante, ribattuto e fatale, con un crescendo che punta a recuperare il “noi”, la strada, reso nelle immagini tramite la forza iconica de “Il quarto stato” di Pellizza da Volpedo, col cantautore nel mezzo (foto di copertina a questo scritto). Esplode in quel senso la dignità e la rivendicazione dei diritti nudi degli uomini. La commistione tra la canzone e il video restituisce perfettamente la rabbia per una morte come quella di Aldrovandi, e verso coloro che gli “cercarono l’anima a forza di botte”. Si sviluppa infatti intorno a una citazione di Horace Greeley (illuminato giornalista ed editore statunitense dell’Ottocento): “Io sono inferiore a qualsiasi uomo i cui diritti calpesto sotto i piedi”.

Il video di Tra l’altro è stato prodotto da “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty”, una manifestazione arrivata al suo ventesimo anno e promossa dalla Amnesty International, dedicata ai principi della “Dichiarazione universale dei diritti umani” e vinta nel 2017 nella sezione emergenti proprio da Valente. Eccolo di seguito, in anteprima assoluta per ilfattoquotidiano.it.

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