La presidente di Palazzo San Macuto Rosy Bindi ha specificato che gli accertamento "non sono definitivi perché attendiamo ancora alcuni riscontri dagli uffici giudiziari. Naturalmente, appena ricevute queste informazioni, se tutto sarà confermato, desecreteremo immediatamente questo resoconto stenografico e i suoi contenuti potranno essere resi pubblici"
Ventiquattro giorni dopo le elezioni in Sicilia e a Ostia la commissione Antimafia dà i numeri ma non i nomi dei candidati cosiddetti impresentabili. Lo ha annunciato la presidente di Palazzo San Macuto, Rosy Bindi, spiegando che la commissione ha accertato “casi di incandidabilità numericamente limitati, un totale di sette, di cui sei in Sicilia, uno a Ostia“. Bindi ha specificato che una posizione è risultata “incandidabile per la Severino, mentre le altre sei per il nostro codice di autoregolamentazione, varato nel 2014″. Solo che i nomi di quei candidati impresentabili non saranno resi noti. Il motivo? “Non sono infatti definitivi tutti i nostri accertamenti perché attendiamo ancora alcuni riscontri dagli uffici giudiziari. Inoltre, non essendoci ancora la proclamazione degli eletti da parte degli uffici elettorali siciliani, non possiamo ancora sapere se scatteranno le sospensioni previste dalla legge Severino. Naturalmente, appena ricevute queste informazioni, se tutto sarà confermato, desecreteremo immediatamente questo resoconto stenografico e i suoi contenuti potranno essere resi pubblici”, ha spiegato la presidente dell’Antimafia.
Bindi ha inoltre chiarito che la rilevazione della commissione ha riguardato le situazioni alla data del 16 ottobre, “quindi non potevano emergere – in quanto ancora in fase di indagine, e perciò segrete – le note situazioni che si sono tradotte in provvedimenti giudiziari, comprese le ordinanze di custodia cautelare in carcere, che sono state eseguite dopo le elezioni”. Da giorni, infatti, l’Ars è letteralmente finita sotto inchiesta. L’ultimo in ordine di tempo a finire indagato è stato Luigi Genovese, il rampollo di Francantonio eletto con quasi 18mila voti e subito accusato di peculato. Due giorni fa era toccato a un altro parlamentare di Forza Italia, Riccardo Savona, accusato di truffa e appropriazione indebita da parte della procura di Palermo. Prima era toccato a Edy Tamajo di Sicilia Futura, sostenitore del candidato del Pd Fabrizio Micari, indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. A due giorni dal voto, invece, era finito nei guai Cateno De Luca, eletto nell’Udc e arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di evasione fiscale e tornato libero dopo la decisione del gip di Messina di revocare i domiciliari.
Già durante la campagna elettorale ilfattoquotidiano.it aveva acceso i riflettori su alcuni aspiranti consiglieri regionali: 18 correvevano con la coalizione del neopresidente Nello Musumeci e alle elezioni del 5 novembre hanno raccolto ben 93.236 preferenze. Non erano solo indagati o condannati, ma anche quelli con legami familiari o trascorsi personali che sollevavano più di qualche dubbio. Molti di quei nomi – anzi, quasi tutti – sono finiti agli atti della commissione Antimafia. Che ha dato il suo responso ventiquattro giorni dopo le elezioni senza tuttavia rendere noti i nomi dei consiglieri impresentabili. Almeno per adesso.