Una modifica alla legge di Bilancio proposta dal capogruppo Pd in commissione solleva i gruppi del gas dalle pretese dei sindaci, primo fra tutti quello della città toscana che un mese fa ha avviato l'accertamento fiscale per l'impianto nella rada livornese. Lui: "Una vergogna". La parlamentare Lezzi: "I soldi risparmiati dalle compagnie non finiscano in qualche campagna elettorale"
Tassate gli appartamenti in mare, ma non le piattaforme. Non è uno scherzo e infatti non ride il sindaco di Livorno Filippo Nogarin, che s’era già fatto i conti in tasca: 23,5 milioni di euro dall’Imu sul rigassificatore della discordia. Un mucchio di soldi per la città governata dai Cinque Stelle, frutto di un’operazione di “equità fiscale” mai decollata prima. Ebbene Nogarin dovrà rassegnarsi a una politica che dimezza il bonus bebé e poi cancella con sei righe milioni di potenziali entrate dalle (ricche) compagnie del gas. A far svanire di colpo ogni illusione ci ha pensato un emendamento notturno alla Manovra del senatore Giorgio Santini (Pd), ex sindacalista veneto e capogruppo Pd in commissione Bilancio all’art. 63 comma 4: “(…) per i manufatti ubicati nel mare territoriale destinati all’esercizio dell’attività di rigassificazione del gas (…) aventi autonomia funzionale e reddituale che non dipende dallo sfruttamento del sottofondo marino, rientra nella nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione la sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili”.
Significa che l’imposizione tributaria che incombe sui rigassificatori non salta del tutto ma viene limitata alla parte di abitazione o di fabbricato per chi vi lavora sopra. Non è uno scherzo. Nogarin&co dovranno dunque rifare tutti i conti perché l’emendamento è retroattivo e impatta sulle pretese passate e future. “E’ una vergogna”, sbotta il sindaco Nogarin raggiunto al telefono dal fattoquotidiano.it ricordando che le entrate per l’ente locale per quattro anni di imposizione Imu valeva 60 milioni di euro tra imposta e sanzioni, e mediamente potrebbe costarne 10 l’anno. “È l’ennesimo regalo alle lobby della rigassificazione e un altro taglio indiretto per le entrate dell’ente locale che avrà riflessi sui servizi“, dice il sindaco. Ci mette il carico la senatrice Barbara Lezzi: “Vigileremo perché i soldi che le compagnia hanno risparmiato non finiscano a finanziare qualche campagna elettorale“.
La prima formulazione dell’emendamento era anche più generosa perché estendeva l’esenzione anche alle piattaforme, quelle per capirci che sono già da tempo in contenzioso con i Comuni e hanno già visto già soccombere le compagnie. Analogo emendamento pro petrolieri era stato presentato l’anno scorso con la Legge di Stabilità, poi scongiurato all’ultimo tra molte polemiche. Anche stavolta è saltato all’ultimo, anche per l’ostruzione dei Cinque Stelle. “Mentre Gentiloni visita le piattaforme petrolifere di Eni, il M5S è riuscito ad evitare il peggio facendo saltare il giochetto. Come lo scorso anno, pur di non pagare alcuni miliardi di IMU, accertata dalla Guardia di Finanza, i trivellatori di mare hanno provato nuovamente a modificare una legge per aggirare le sentenze della Cassazione a favore dei Comuni”, dice il senatore Gianni Girotto che promette ancora battaglia “per far saltare quello che rimane dell’emendamento Santini che grava pesantemente sui bilanci del comune di Livorno e di Rovigo e i servizi ai cittadini che loro offrono”.
Passa e resta, invece, la manleva per i signori del gas che avrà effetto sulle pretese dei sindaci dei tre impianti attivi in Italia: quello onshore più vecchio e piccolo della Snam a Panigaglia nel golfo della Spezia, quello offshore al largo del delta del Po e il terminale Olt di fronte alla rada di Livorno per il quale il sindaco grillino aveva lanciato, poco più di un mese fa, l’offensiva tributaria. L’11 ottobre Nogarin aveva inviato alla società che lo sfrutta un atto di accertamento per gli anni 2014 e 2015, che vale come detto 23,5 milioni di euro. Nogarin, la sua giunta e i legali dell’amministrazione si erano dovuti avventurare nella complessa normativa avendo dalla loro un verbale del Guardia di Finanza che assimila la piattaforma a un impianto industriale essendo “stabilmente ormeggiato nelle acque territoriali” e “ancorato al fondale con catene e collegato a un gasdotto sottomarino di 30 chilometri”. Ragionamento che potrebbe valere anche per gli altri, se non intervenisse l’emendamento che cancella l’imposizione per l’intero fabbricato, limitandola alla parte emersa dell’impianto adibita ad uso abitativo o civile.
E’ un espediente, va da sé, ma in linea con la strategia energetica del governo che punta a portare l’Italia fuori dal carbone entro otto anni sostituendolo il termoelettrico con più gas e rinnovabili. Strategia che passa per 4 miliardi di investimenti, la creazione di un quarto impianto offshore da 4 miliardi di metri cubi in Sardegna, una struttura di terra di maggiori dimensioni per aumentare la capacità nazionale di rigassificazione. Per incentivare queste opere il governo ha puntato su un quadro regolatorio favorevole che garantisca in ogni caso il ritorno agli investitori, anche in caso di non pieno utilizzo delle capacità realizzate. E ora, grazie all’emendamento alla Manovra, ha garantito anche che non ci saranno sindaci-guastatori a rendere meno attrattivo il business.