di Giuseppe Franco
Nonostante le norme di legge in tema di apologia del fascismo, siamo testimoni di un nefasto incremento di manifestazioni nostalgiche che vecchi e nuovi “camerati” inscenano in alcune piazze, stadi, nei siti cimiteriali di alcune città e adesso anche nelle sedi delle associazioni umanitarie. Di conseguenza, nelle metropoli è sempre più frequente scorgere croci uncinate sui muri di edifici istituzionali o scolastici.
Vuoti di memoria? No. La proliferazione di queste espressioni apologetiche è da individuare nella negligenza dei governi che, in un’impropria e pericolosa deroga ai dettami costituzionali, non hanno mai garantito che talune reminiscenze nazionalsocialiste, e conseguenti proselitismi, non avessero più luogo, strizzando l’occhio alle forze reazionarie borghesi, con le quali i governi privi di spina dorsale, hanno sempre stretto accordi.
Invece, in occasione di altre manifestazioni attuate da movimenti politici giovanili, si notano schieramenti di poliziotti in assetto antisommossa che, guarda caso, entrano sempre in azione con i loro manganelli pur non palesandosi molto spesso la necessità. Queste celebrazioni apologetiche non sono bravate folcloristiche, ma vicende di cui si sottovalutano i rischi perché espressioni di una cultura antisemita non più latente, anzi diffusa.
Viene quindi spontaneo domandarsi cosa hanno prodotto le annuali celebrazioni nel giorno della memoria della Shoah? Se assistiamo a questa recrudescenza delle simbologie antisemite, significa che le attività informative che scaturiscono il 27 gennaio di ogni anno, soprattutto nei luoghi scolastici, non sono sufficienti al fine di affinare una coscienza e memoria storica, in quanto non suffragate dalla coerenza delle istituzioni di governo, chiamate a far rispettare le leggi: in tal caso, a nessuno si concederebbe di marciare in camicia nera con le aquile o i motti in carattere gotico cuciti sul petto, permettendo i continui richiami ai fatti più detestabili della storia dell’umanità: la pulizia etnica.
È auspicabile che, oltre agli esercizi di retorica dei politici presso le sinagoghe nel giorno della Shoah, tutti i cittadini in possesso di un forte senso civico e di quella responsabilità che le classi dirigenti non sanno o non vogliono esprimere, si adoperino costantemente in ogni sede non istituzionale, ma con spirito costituzionale, a educare i cittadini più giovani a comprendere il significato sociale e politico emerso dalla esperienza del Terzo Reich e di quella connessa allo squadrismo dei fasci di combattimento.
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