Facce che amministravano assessorati importanti – e relativi bilanci milionari – con Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro. Ma anche volti noti come quello di Vittorio Sgarbi e assenze importanti come quelle della Lega che possono mettere a rischio la maggioranza. È nato nella notte il primo governo di Nello Musumeci. Approfittando della prima settimana senza  consiglieri neoletti finiti sotto inchiesta dalla data delle elezioni regionali (ma ci sono ancora due giorni feriali) il neogovernatore ha firmato nella tarda serata di martedì 28 novembre i decreti di nomina. Mancano ancora le varie deleghe da assegnare anche se anche su questo fronte sarebbero pochi i nodi ancora da sciogliere. Di sicuro c’è solo che su dodici nomi, Musumeci ha scelto dieci uomini e due donne. Quella che sarà presentata nelle prossime ore è una giunta puramente politica e conferma quasi totalmente quanto anticipato dal fattoquotidiano.it nei giorni successivi alla vittoria del centrodestra alle regionali in Sicilia.

Forza Italia incassa cinque poltrone distribuite a Marco Falcone, capogruppo uscente degli azzurri all’Assemblea regionale siciliana, a Bernadette Grasso, ex sindaco di Rocca di Caprileone (Messina) e fedelissima di Gianfranco Micciché, a Edy Bandiera, indicato dall’ex ministra Stefania Prestigiacomo, più Gaetano Armao. Quest’ultimo, dopo aver retto l’assessorato al Bilancio con Lombardo in estate è diventato uomo di Silvio Berlusconi, che lo ha imposto come nuovo vicepresidente con delega all’Economia. Confermata in quota Forza Italia anche la presenza in giunta di Sgarbi, nuovo assessore ai Beni culturali: torna in Sicilia dopo l’esperienza da sindaco di Salemi, conclusa con lo scioglimento per mafia del comune. L’incarico del critico d’arte pregiudicato dovrebbe durare solo pochi mesi, fino alle politiche, quando Sgarbi si candiderà alla Camera lasciando così una poltrona libera per un altro esponente del partito di Arcore. Restano fuori, invece, nonostante gli annunci fatti in campagna elettorale dallo stesso Miccichè, il trapanese Giuseppe Guaiana e l’agrigentino Vincenzo Giambrone.

Per l’Udc, invece, entreranno in giunta il deputato rieletto Vincenzo Figuccia, che fino a pochi mesi fa era in Forza Italia, e Mimmo Turano, già assessore regionale nel lontanissimo 2001. Turano è stato un grande sostenitore del governo di Rosario Crocetta: aveva addirittura lasciato l’Udc per rimanere in maggioranza con i centristi di Giampiero D’Alia, prima di fare marcia indietro e tornare alla corte di Lorenzo Cesa. Entrano nel governo Musumeci anche stretti sostenitori di Totò Cuffaro, l’ex governatore che ha trascorso cinque anni in galera per favoreggiamento a Cosa nostra. Si tratta di Toto Cordaro, braccio destro di Saverio Romano, e di Roberto Lagalla, ex rettore di Palermo e assessore alla Sanità tra il 2006 e il 2008, quando sulla poltrona più alta di palazzo d’Orleans sedeva lo stesso Cuffaro. Guadagna una poltrona anche l’ex governatore Lombardo che ha ottenuto la nomina di Mariella Ippolito, presidente dei farmacisti di Caltanissetta.

Dovrebbe finire a un uomo di fiducia di Musumeci, invece, la più delicata delle deleghe: la Sanità. Il nuovo assessore, in questo senso, dovrebbe essere l’avvocato catanese Ruggero Razza, storico sostenitore del neopresidente. Per Fratelli d’Italia, infine, andrà al governo Sandro Pappalardo, ufficiale dei Carabinieri, anche lui da sempre vicino a Musumeci. Fa rumore, invece, l’esclusione della Lega di Matteo Salvini, che ha eletto un consigliere regionale ma non ha ottenuto posti in giunta. “Noi non abbiamo chiesto niente a nessuno. Se hanno ritenuto di preferire per la giunta uomini di Lombardo e Cuffaro lasciando fuori noi, ci hanno fatto un favore, in un certo senso. Musumeci continuerò a stimarlo ma se nella sua squadra si preferisce il vecchio rispetto al nuovo, il nuovo sta alla finestra“, ha detto il leader del Carroccio. Non è escluso, in pratica, che la Lega possa abbandonare la maggioranza. Ipotesi da attenzionare visto che all’Ars la coalizione di Musumeci si regge per un solo voto. E dire che proprio la Sicilia – e segnatamente Catania – era la cornice scelta da Berlusconi, Salvini e Meloni per il “patto dell’arancino“: la classica palla di riso fritta scelta come testimonial per il ritorno del centrodestra unito. È proprio vero che fritto si può mangiare davvero di tutto, aveva sorriso maligno qualcuno. Il problema è che a volte può risultare indigesto.

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