Il disegno del collaboratore di giustizia Antonio Valerio è arrivato in aula al maxi-processo nell’udienza di martedì 28 novembre e ilfattoquotidiano.it può mostrarvelo in anteprima. La struttura delineata rende bene l’idea di quella che viene definita una ‘ndrangheta 5.0
Il collaboratore di giustizia Antonio Valerio l’aveva promesso al presidente del collegio giudicante Francesco Maria Caruso: uno schizzo a mano per rappresentare le relazioni e i centri di comando della consorteria emiliana. Il disegno è arrivato in aula al maxi-processo Aemilia nell’udienza di martedì 28 novembre e rende bene l’idea di una ‘ndrangheta 5.0, come la definisce lo stesso Valerio. Non più strutturata per gerarchie verticali ma composta da “linee parallele” di azioni e responsabilità che prima o poi si incontrano come le “linee di fuga del Brunelleschi”.
Valerio disegna quattordici circonferenze affiancate e tangenti. Sette cerchi per ogni linea, quasi un sistema solare di mondi che dialogano tra di loro attraverso le diagonali tratteggiate. Un sistema che però è senza sole, perché non c’è una stella che brilla più delle altre. Neppure Nicolino Grande Aracri trova spazio: lui e il suo potere sono finiti attratti dal buco nero di una detenzione dalla quale difficilmente si libererà viste le condanne già incamerate e i processi che lo attendono.
Il primo mondo che si incontra viaggiando nello spazio di Valerio è quello di Nicolino Sarcone, e dei suoi fratelli Gianluigi, Peppe e Carmine, per sottolineare che tutta la famiglia comanda. A Reggio Emilia sono i capi, che nel disegno del pentito vengono affiancati alla vecchia guardia dei “presentabili” ai quali si aprivano le porte dei salotti buoni nella città. Da Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore della nazionale Vincenzo, a Pasquale Brescia che gestiva un maneggio totalmente abusivo e molto frequentato da poliziotti e carabinieri. Passando per Alfonso Paolini, che in Questura ci bazzicava spesso come Brescia per lavori di ristrutturazione affidati alle loro aziende. Tutti e tre sono a processo con l’accusa di appartenenza alla ‘ndrangheta.
E’ un pianeta a stretto contatto con quello distante solo una ventina di chilometri, a Brescello. Un mondo brullo e con poca vita dove, scrive Valerio, comanda l’imputato Alfonso Diletto e basta. Oggi nel paese in provincia di Reggio Emilia non c’è più neppure il sindaco, perché il comune è stato commissariato. Francesco Grande Aracri che vive qui, sebbene sia il fratello del capo assoluto, non viene neppure menzionato.
Sulla linea parallela alla prima troviamo i mondi degli imputati Silipo e Bolognino, dove saltano agli occhi anche cognomi emiliani doc: Costi, Salsi, Gibertini, Bianchini. Sono imprenditori, giornalisti, costruttori, importanti nel processo per ricordare a tutti che la cosca emiliana non è solo un problema di immigrazione cutrese. Affiancato al pianeta Diletto c’è il Francesco Lamanna, governatore nel cremonese e nel piacentino che si incontra a Parma con il capo brescellese. Alla sua corte il violento Antonio Rocca, protagonista del processo Pesci sulle malefatte della Famiglia nel mantovano, e il braccio destro del capo Salvatore Muto che sta confessando in queste ultime udienze.
I Muto sono comunque talmente in tanti a processo da meritare un mondo a parte, il successivo. Come gli Amato del resto, come i Vertinelli, come i Floro Vito, con i rispettivi entourage. Andando verso i bordi del sistema solare troviamo il mondo di Frontera, Cappa e Pallone, poi quello di Gualtieri, Villirillo e Mancuso. Ma si fatica a decifrare chi è con loro perché siamo lontani dal centro del sistema solare.
Il cuore di questo cosmo è un pianeta collocato sulla linea prospettica più alta, con tre mondi a destra e tre a sinistra perfettamente equilibrati. I nomi che identificano il corpo celeste sono quelli di Valerio e di Blasco, amici nemici di una intera vita. Con loro stanno Eugenio Sergio, quello che Muto pochi giorni fa ha accusato in aula di aver chiesto voti a Lamanna nel 2014 per il candidato sindaco del Pd a Reggio Emilia Luca Vecchi; Roberto Turrà, quello che in una intercettazione intimidisce la titolare di una azienda agricola di Campagnola Emilia dicendole: “Se rimani senza un piede, come fai a camminare?”, e Baachaoui Karima, quella che si dice sia molto bella e che adesso è latitante non si sa dove. Checché ne dica il collaboratore, è il mondo che rappresenta il baricentro del suo disegno. Il ponte di comando di tutto l’universo di ‘ndrangheta conosciuto in Emilia.