La “vera responsabilità” del fallimento di Banca Etruria? Tutta di Banca d’Italia, non solo in termini di vigilanza ma “per un suo ruolo financo eccessivo” nella gestione della crisi dell’istituto. “Sciocchezze”, invece, le discussioni le colpe dell’ex vicepresidente Pierluigi Boschi. Come attestato del resto dal procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi, fino a dicembre 2015 consulente per gli affari giuridici del governo Renzi. Che ha escluso che Boschi senior abbia partecipato alle riunioni durante le quali furono deliberati finanziamenti finiti poi in sofferenza configurando il reato di bancarotta. Nella commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario va in scena, come da programmi del Pd, la difesa del Giglio magico attraverso l’attribuzione di tutte le colpe del crac aretino al capro espiatorio individuato in ottobre da Matteo Renzi: Ignazio Visco e la sua via Nazionale. “Quello che sta uscendo ha dell’incredibile, dell’inenarrabile, emerge che Bankitalia non ha vigilato per nulla”, fanno filtrare dal Nazareno.
“Dalla relazione Bankitalia a noi inviata, dopo la terza ispezione su Etruria, si legge che “è stata lasciata inevasa la richiesta dell’organo di vigilanza di operazione con partner di elevato standing, e non è stata portata all’attenzione dell’assemblea dei soci l’unica offerta giuridicamente rilevante cioè quella avanzata da banca Popolare di Vicenza”, ha esordito Rossi rievocando i fatti del biennio 2013-2015. “Ci è sembrato un poco strano“, visto che “nella relazione ispettiva, già quella del 2012 su Vicenza, sembra di leggere le relazioni su Etruria. Ci sono l’inadeguatezza degli organi, i crediti deteriorati e anche le azioni baciate che almeno noi (ad Arezzo) non ce l’avevamo”. Insomma: via Nazionale ha cercato di imporre all’Etruria il matrimonio con un altro zoppo, quella Pop Vicenza finita in liquidazione lo scorso giugno, ritenendola evidentemente un “partner di elevato standing”. Bankitalia nel febbraio 2015, ha ricordato, “stigmatizza l’operato dei vertici di Etruria e, come si legge, “il ruolo contraddittorio del presidente Rosi che nelle trattative con Vicenza, a fronte di rassicurazioni che forniva, teneva comportamenti che hanno portato all’interruzione della trattativa””. E “l’impressione è che questo” “sia stato determinante nel commissariamento”.
In effetti a fronte della mancata fusione, da lei stessa propiziata, via Nazionale censurò e sanzionò i vertici fino ad arrivare al commissariamento dell’istituto. Ed è vero anche che Visco, audito dalla Camera nel giugno 2016, disse il falso negando che il gran rifiuto a Gianni Zonin fosse tra le cause della richiesta di commissariamento inviata al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nonostante il provvedimento citi proprio la mancata presentazione all’Assemblea dei soci dell'”unica offerta giuridicamente rilevante presentata”. Insomma: il Pd si è visto servire su un piatto d’argento l’occasione per festeggiare lo “sgretolamento del castello di sciocchezze” sul fallimento dell’Etruria. “La verità, prima o poi, viene a galla”, ha esultato Andrea Marcucci.
Anche perché Rossi, nelle parti non secretate dell’audizione (la cui diretta video è stata però interrotta tutte le volte che venivano toccati “aspetti riservati”), non ha detto una parola per esempio sugli incontri di Pier Luigi Boschi con Flavio Carboni. Cioè il faccendiere, a processo per la cosiddetta loggia P3, che a Il Fatto Quotidiano ha raccontato come Boschi gli chiese di individuare “persone adeguate” per ruoli di vertice all’interno della banca. Mentre ha tenuto ha sottolineare che “le persone si distinguono non per di chi sono figli o padri, per il loro orientamento sessuale o politico, ma per i comportamenti” e “noi sulla responsabilità per la bancarotta vediamo i comportamenti e questi discendono dalle delibere. I conflitti di interesse li abbiamo tutti evidenziati, per noi i crediti valgono se vanno poi in sofferenza altrimenti non costituiscono il reato bancarotta”.
E Boschi, entrato in cda nel 2011 come amministratore senza deleghe e diventato uno dei due vicepresidenti nel maggio 2014 assieme a Lorenzo Rosi, non risulta aver firmato le delibere incriminate. Ciò non toglie che la stessa Bankitalia l’abbia sanzionato nel 2014 per “violazioni di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza” e Consob gli abbia inflitto una multa da 120mila euro per violazioni relative ai prospetti informativi delle obbligazioni vendute ai piccoli risparmiatori. Il liquidatore dell’Etruria Giuseppe Santoni chiede poi in sede civile a lui e agli altri ex amministratori il risarcimento di 465 milioni complessivi di danni, ritenendoli responsabili del disastro finanziario dell’istituto. “Le sanzioni sono diverse dalle azioni penali”, è stato il commento di Rossi. Quanto al mancato rinvio a giudizio di Boschi senior, “quello del signor Boschi non è un caso singolo” perché “Bankitalia ha sanzionato tutti i membri dei consigli di amministrazione, ma dei membri degli ultimi due cda non ne sono stati rinviati a giudizio 14”. E lui “non ha mai partecipato a delibere per finanziamenti che fondano il reato di bancarotta”. Boschi, ha quindi ricordato il pm, non era né nel comitato esecutivo né in quello credito.
Infine a Rossi è stato chiesto della telefonata del 3 febbraio 2015 tra lo stesso Boschi e Vincenzo Consoli, durante la quale il padre dell’allora ministro spiegava al dg di Veneto Banca che il giorno dopo avrebbe “parlato col presidente” della possibilità di unire i due istituti. Il procuratore di Arezzo si è limitato a dire che l’intercettazione “non risulta” agli atti della sua inchiesta sulla bancarotta. Forse “si tratta di accertamenti disposti dalla Procura di Vicenza di cui non ci ha reso partecipi”, ha detto.
Resta da vedere, ora, se la commissione di inchiesta sentirà anche l’ex amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni. Ferruccio de Bortoli nel suo ultimo libro ha rivelato che nel 2015 l’allora ministra Boschi gli chiese di salvare Banca Etruria. Ghizzoni non confermato né smentito, ma ha anticipato che avrebbe raccontato la sua versione dei fatti davanti all’organo parlamentare.
Aggiornamento del 24 febbraio 2019