La faccia paffuta, i più o meno confermati episodi di violenza sadica ai quali viene periodicamente accostato e un taglio di capelli che gli è valso il paragone con Psy, il cantante sudcoreano diventato famoso grazie alla hit Gangnam Style, hanno contribuito alla costruzione di un’immagine grottesca del presidente della Corea del Nord, Kim Jong-un. Immagine che ha indotto l’opinione pubblica internazionale, ma anche alcuni governi, a cadere nell’errore della sottovalutazione del personaggio. “Un pazzo che spara missili ovunque”, lo ha definito Donald Trump. In realtà, dietro la figura da bambino troppo cresciuto che si diverte a giocare con gli armamenti, si nasconde un abile stratega molto più vicino alla popolazione di quanto non lo fossero i suoi predecessori. Un leader che in meno di un anno è riuscito a mettere in imbarazzo i capi di potenze mondiali come Stati Uniti e Cina e a instillare il timore di un attacco imminente tra le popolazioni di Giappone e Corea del Sud. “Sulla questione coreana. Kim Jong-un è l’unico che ne sta uscendo magnificamente dal punto di vista strategico”, commenta Antonio Fiori, docente di Politica e Istituzioni della Corea all’Università di Bologna. “La presunta irrazionalità dei suoi gesti nasconde un disegno preciso. Questa irrazionalità è un vestito di cui il leader nordcoreano può spogliarsi la sera”. Un fine stratega travestito da pazzo.
Con lui la Corea del Nord è diventata potenza nucleare
Il principale “merito” da riconoscere al figlio del Caro Leader, Kim Jong-il, è quello di aver reso la Repubblica Popolare Democratica di Corea una potenza nucleare a tutti gli effetti. Con un esercito tra i più numerosi al mondo, composto da circa 1,5 milioni di soldati attivi, ai quali si devono aggiungere circa 5 milioni di riservisti, il piano di sviluppo del dittatore nordcoreano si è potuto concentrare sulla produzione di testate nucleari sempre più potenti e missili capaci di trasportarle: “Il vero e importante sviluppo – continua Fiori – è stato quello relativo al programma atomico. Basti pensare che quattro dei sei test compiuti da Pyongyang sono avvenuti sotto la leadership di Kim. Che ha dato agli scienziati possibilità di sviluppo tecnologico senza precedenti”.
Una strategia che l’opinione pubblica internazionale e le grandi potenze hanno catalogato come il delirio di un fanatico guerrafondaio. Lo sviluppo nucleare in realtà, risponde a una tattica razionale e studiata in campo internazionale, quella che Tim Marshall in Le Dieci Mappe Che Spiegano il Mondo ha definito del “Debole Folle”. Diventare una potenza nucleare ha permesso alla Corea del Nord di diventare un attore che non può più essere ignorato dalla comunità internazionale, oltre ad aver così creato un deterrente contro gli attacchi stranieri. “L’importanza della collocazione geografica della Corea del Nord è risaputa – continua Fiori – il vero passo in avanti di Kim Jong-un è stato quello di mettere in scacco tutti gli attori internazionali coinvolti”.
Una guerra alla Corea del Nord non piace a nessuno. La Cina, ad esempio, non vorrebbe condividere uno dei suoi confini con una Corea unita sotto l’influenza statunitense. Meglio una Corea del Nord da gestire come Stato cuscinetto. Anche gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di scatenare un conflitto che metterebbe a rischio la sicurezza di un partner strategico come la Corea del Sud, anch’essa lontana dall’idea di uno scontro diretto con i cugini di Pyongyang. Stessa cosa vale per il Giappone che, oltre a problemi di sicurezza, ha rapporti poco cordiali sia con la Cina che con Seul e, per questo, preferisce mantenere l’equilibrio nell’area. “In questo scenario – dice il docente – Kim Jong-un è l’unico che ne esce meravigliosamente: che ci piaccia o no, ha permesso lo sviluppo militare e tecnologico del proprio Paese, ha creato scompiglio nella Comunità Internazionale, tiene in scacco l’amministrazione Usa, ancora indecisa sul da farsi, ha messo in imbarazzo la Cina. È evidente, quindi, che questa strategia della tensione messa in atto da Kim Jong-un abbia mandato in tilt la comunità internazionale. E lo ha fatto con una razionalità travestita da pazzia”.
Crescita economica e continue apparizioni. Kim si vende come leader del popolo
I successi del giovane leader, però, si registrano anche internamente. Nonostante la Corea de Nord sia una delle dittature più feroci al mondo, con la popolazione che vive in un costante stato di sottomissione al volere del Partito, il dittatore 33enne ha cambiato strategia rispetto al padre e al nonno, inaugurando una stagione di maggiore attenzione, almeno di facciata, alle esigenze dei suoi “sudditi”.
Ad esempio, ha migliorato le condizioni economiche del Paese. “I numeri dicono che la Corea del Nord ha conosciuto una crescita tra l’1% e il 4% – spiega il professore – è difficile capire, però, se questo abbia avuto riflessi sulle condizioni di vita della popolazione. Se questi miglioramenti ci sono stati, comunque, saranno visibili solo nella capitale, dove vive la parte di popolazione considerata più meritevole secondo la divisione in tre differenti classi sociali prevista dal Songbun nordcoreano. Certo è che, negli ultimi anni, Pyongyang è cambiata: sono state realizzate più infrastrutture e la popolazione ne ha inevitabilmente giovato”.
La vera rivoluzione, però, Kim Jong-un l’ha realizzata con un’operazione di facciata che, nell’immaginario collettivo del popolo nordcoreano, lo avvicina ai comuni cittadini più di quanto siano riusciti mai a fare i suoi predecessori. “Generalmente, l’autorità conferita a un leader va a scemare man mano che ci si allontana generazionalmente dalla figura del padre fondatore, in questo caso Kim Il-sung – dice Fiori – Kim Jong-un lo ha capito, come ha compreso che in quella società doveva viverci e comandare con l’appoggio del popolo. Per questo ha aumentato decisamente il numero delle apparizioni pubbliche, ovviamente sempre molto controllate, e ha cercato di ingraziarsi le élite militari visitando spesso le varie dislocazioni”.
Nel discorso di inizio anno, quando ha spiegato alla popolazione il programma parallelo di sviluppo economico e nucleare, ha addirittura chiesto pubblicamente scusa ai cittadini per non aver raggiunto gli obiettivi economici prefissati: “Ha usato come giustificazione la necessità di accelerare lo sviluppo degli armamenti rispetto alla crescita economica per motivi di sicurezza internazionale – continua Fiori -, ma anche questo gesto fa capire quanto tenga ad apparire un leader del popolo, a differenza del padre”.
Vicinanza che ha voluto trasmettere anche nei confronti delle donne nordcoreane: “Ha istituito la Festa della Donna – conclude il professore – e a differenza dei precedenti leader, dei quali si diceva avessero molte amanti, lui si presenta sempre più spesso in pubblico accompagnato dalla moglie. La First Lady sta diventando una presenza costante durante le apparizioni di Kim Jong-un. Ma il gesto più eclatante, a mio parere, l’ha compiuto durante la visita a un dislocamento militare femminile: al termine dell’incontro, le soldatesse hanno chiesto una foto con il leader. Non una foto di gruppo, ma dei selfie, come se fosse una star di Hollywood. Lui ha soddisfatto la richiesta, intrattenendosi con queste donne intente a scattare foto. Un avvicinamento che il padre, ad esempio, non avrebbe mai permesso”.
Twitter: @GianniRosini