La multinazionale francese vuole indietro da General Motors una cifra compresa tra i 600 e gli 800 milioni di dollari, come "compensazione" alla presunta assenza di un piano anti-emissioni per i veicoli Opel in vista dei parametri previsti dall'Europa per il 2021. Si tratta di una cifra pari alla metà di quanto pagato da PSA per acquisire la divisione auto della casa di Russelsheim. Ma nella vicenda ci sono parecchi punti oscuri
Sta prendendo una piega bizzarra la recente acquisizione di Opel da parte di PSA: secondo il gruppo transalpino la General Motors, precedente proprietaria del marchio tedesco, sarebbe colpevole di una vendita “ingannevole” ai danni della multinazionale parigina. Colpa secondo i francesi dei progetti GM a breve termine per ridurre le emissioni inquinanti dei motori Opel, scopertisi inefficaci ad affare concluso e non in linea con quanto assicurato dagli yankee durante le trattative di cessione: per quelli di Detroit la casa di Russelsheim sarebbe stata “quasi” in grado di rispettare per tempo utile le future normative europee sulle emissioni inquinanti – in vigore dal 2021 e pari a 95 g/km di CO2 di media calcolata sulle vendite di tutta la gamma – sforandole solo di poco.
Per la suddetta data invece Opel potrebbe andare oltre i limiti di 10 g/km e ciò costerebbe ai francesi sanzioni prossime al miliardo di euro: il nuovo proprietario dovrà quindi anticipare di molto il pensionamento delle piattaforme costruttive Opel (inizialmente da completarsi nel 2027, ora nel 2024), in favore di quelle PSA, che dovrà mettere sul tavolo pure la tecnologia ibrida. Come riporta Reuters, PSA potrebbe quindi procedere per vie legali contro gli americani, chiedendo risarcimenti fra 600 e 800 milioni di dollari, circa la metà degli 1,3 miliardi di euro sborsati per acquistare la casa del fulmine. Un bel pasticciaccio, che però lascia sul tavolo parecchie questioni irrisolte.
Il 9 novembre scorso Carlos Tavares, numero uno di PSA (che vedete in foto insieme all’ad Opel Lohscheller) ha dichiarato che la compagnia che dirige si sarebbe capacitata della fallace strategia di riduzione delle emissioni inquinanti di Opel solo alcune settimane dopo aver chiuso gli accordi con GM: un problema su cui i francesi si sono messi “a capo chino”, consci che il peso delle sanzioni economiche in caso di sforamento dei target sulle emissioni potrebbe compromettere l’esistenza stessa di Opel e dei suoi 35 mila posti di lavoro in Europa (si tenga a mente questo punto).
Fra i “peccati” della strategia Opel ci sarebbe una sovrastima delle vendite generate dai motori diesel, che emettono meno anidride carbonica (ma più polveri sottili), e soprattutto dalla Ampera-e: l’elettrica su base Chevrolet Bolt da un lato è una mano santa per ridurre i valori medi di CO2 (perché non produce emissioni nocive) ma dall’altro fa perdere alla marca circa 10 mila euro per ogni esemplare immatricolato. Per questo PSA ne ha subito fermato le vendite in Norvegia – dove sono finite la maggior parte delle 1.500 auto commercializzate fino ad oggi – e rincarato il listino prezzi di quasi 6 mila euro.
La tesi di accusa di PSA è che GM avrebbe dovuto mettere maggiormente in guardia i francesi sulla debolezza delle soluzioni tecniche e strategiche di Opel per limitare le emissioni in futuro. Tuttavia Mary Barra, capo della GM, presentando pubblicamente il piano di cessione di Opel cinque mesi prima di chiudere l’affare a luglio scorso, ha attribuito lo scorporo ai “crescenti costi per mettere la gamma a norma di legge” indicando come “difficile” il modello di business della marca tedesca e di Vauxhall, sua emanazione inglese. Questo senza contare i numerosi dubbi espressi negli anni dagli analisti sui target ecologici di Opel – perché GM non ha mai investito su piani di elettrificazione della sua ex controllata – che difficilmente sarebbero potuti passare inosservati dalla parti di Parigi. Insomma, l’eventuale “puzza di bruciato” non era poi così difficile da fiutare.
E qui la questione si fa ancora più nebulosa: secondo quello che riportano alcune fonti di Reuters, GM avrebbe insistito affinché la “due diligence” con PSA venisse fatta a Detroit, escludendo completamente la Opel dagli incontri. Come sappiamo la due diligence è quel processo di analisi dettagliata di una società e delle sue attività, strategie, risultati finanziari conseguiti, etc: è indispensabile per valutare la convenienza di un affare e serve per identificarne i rischi e i relativi problemi, negoziarne i termini e predisporre garanzie o indennizzi (altra questione da tenere a mente, ndr). In questo caso per PSA significava mettere sotto la lente di ingrandimento Opel e, ancora una volta, sembra strano che i francesi si siano riscoperti miopi nella fase analitica più delicata delle carte.
Uno scetticismo che è alimentato dalle dichiarazioni di alcune fonti anonime interne alla stessa PSA: “Le persone che hanno lavorato alla fase conclusiva dell’acquisizione si sono rese conto abbastanza rapidamente che c’erano queste grandi discrepanze” sui valori relativi alle emissioni inquinanti preventivati da GM a proposito di Opel. Eppure i dubbi di queste persone sono stati “messi sotto il tappeto”. Se questo fosse vero, PSA avrebbe volontariamente giocato un ruolo da “sprovveduta”: ruolo che le va strettissimo, visti i brillanti risultati economici degli ultimi anni, che hanno visto passare l’azienda da una realtà coi conti in rosso ad una delle più promettenti del momento in ambito automobilistico.
Il movente? L’accesso alla tecnologia elettrica di GM – l’elettrificazione è l’unico tema su cui in PSA sono indietro rispetto alla concorrenza, ma è di cruciale importanza per l’avvenire – potrebbe essere un’ottima forma di indennizzo dato che non risulta fra le voci di contratto nel matrimonio PSA-Opel. Un altro potrebbe essere l’acquisto stesso di un marchio, Opel, con cui massimizzare le economie di scala, fatto proprio a un prezzo (già in saldo) che diventerebbe “irrisorio” in caso si avverassero gli agognati risarcimenti.
Certo è che PSA non ha comprato il brand teutonico per la sua tecnologia: prova ne è che in futuro le auto del fulmine saranno tutte francesi sottopelle. A riprova di questo giova ricordare che nella gamma Opel già figurano Crossland X e Grandland X, assemblate su meccanica francese: prodotti nati da una joint venture PSA-GM, precedente all’acquisizione Opel.
In ultima analisi la questione occupazionale, che pocanzi si chiedeva di rammentare: se gli americani rispondessero picche alle richieste francesi, non è escluso che i governi di Germania e Inghilterra subentrino a “ungere” il carro di PSA per assicurare che i posti di lavoro Opel/Vauxhall siano preservati. Al momento queste sono solo ed esclusivamente delle speculazioni basate su fatti in parte ancora da confermare. Come diceva qualcuno, tuttavia, a pensar male si fa peccato ma…