Rapinavano gioiellerie, negozi e ristoranti: sgominata banda a Reggio Calabria. I colpi ripresi dalla videosorveglianza
Cinque gioiellerie, un negozio di abbigliamento, uno di giocattoli e un ristorante. In sei mesi il bottino delle rapine, consumate nella zona di Taurianova in provincia di Reggio Calabria, ha fruttato circa 500mila euro. Con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di rapina, furto, ricettazione, stamattina all’alba i carabinieri hanno arrestato nove persone . Tra queste anche due donne: Romina Laversa e Lorenza Tavernese, finite agli arresti domiciliari. Una era la fidanzata e l’altra la sorella di un indagato. Le porte del carcere, invece, si sono spalancate per Velio Borgese, trentatreenne di Polistena, ritenuto il capo della banda di rapinatori.
Ma anche per Luigi Commisso, Francesco De Domenico, Simone De Luca , Raffaele Ferrazzo , Angelo Tarzia e Carmelo Tavernese . L’operazione “Green Gold” è scattata stamattina all’alba. Le indagini, coordinate dal procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza, sono partite da una rapina a mano armata avvenuta nel settembre 2016 ai danni di una gioielleria di Taurianova dove sei indagati erano riusciti a asportare oro e preziosi per un valore di 45mila euro. Grazie alle telecamere di videosorveglianza e all’attività di indagine classica, i carabinieri sono riusciti a ricostruire la dinamica delle rapine e a identificare i responsabili che, in alcune occasioni, hanno agito a volto scoperto. Ognuno aveva il suo ruolo nella banda: chi guidava le auto, chi fungeva da vedetta, chi eseguiva materialmente la rapina, chi si occupava dei sopralluoghi. Quest’ultimo compito, spesso, veniva assegnato alle donne, venivano utilizzate per entrare nelle gioiellerie dove fingevano di dover acquistare la merce per ispezionare l’obiettivo. La banda aveva a disposizione anche 7 pistole e nel caso della rapina ai danni del negozio di abbigliamento, dove lavorava una delle due arrestate, sono stati esplosi alcuni colpi per intimidire il proprietario. Il bottino serviva anche a finanziare lo smercio di marijuana, sia nelle piazze di spaccio della Piana, sia nel Nord-Italia