Dopo l’ok definitivo incassato alla Camera lo scorso 15 novembre, la legge sul Whistleblowing è stata promulgata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “La legge non mette in discussione il segreto delle indagini. In caso contrario, verrebbero compromessi l’integrità e il corretto esercizio dell’azione penale e di conseguenza i principi costituzionali che regolano l’attività degli organi giudiziari”, ha precisato il presidente in una lettera indirizzata al premier Gentiloni. La legge prevede la tutela dei dipendenti che segnalano attività illecite all’interno di un’azienda pubblica o privata. Chi decide di denunciare le irregolarità all’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato o trasferito. L’identità di chi segnala gli abusi non potrà comunque essere rivelata. Una normativa che è stata approvata in maniera trasversale e votata da Pd, Cinque stelle, Fratelli d’Italia e Lega Nord. Contrari solo Forza Italia e il gruppo direzione Italia di Fitto.
Nella lettera di Mattarella, il presidente spiega le ragioni della promulgazione: “Il provvedimento persegue lo scopo di tutelare l’attività di segnalazione di condotte illecite attraverso la garanzia dell’anonimato, la protezione nei confronti di misure discriminatorie o ritorsive incidenti nell’ambito del rapporto di lavoro, nonché mediante la previsione di una giusta causa per quanto concerne la rivelazione di notizie coperte da determinati obblighi di segreto”. Un testo che non mette in discussione l’articolo 329 del codice penale, quello che riguarda il segreto istruttorio: chi denuncia non può violare il segreto d’indagine. “Le disposizioni recate dal provvedimento – continua Mattarella – Non incidono ovviamente sull’autonomia e sull’indipendenza della magistratura, né quindi sulla posizione e sulle funzioni che sono dalla Costituzione attribuite al Consiglio superiore della magistratura per tutto quanto attiene la posizione giuridica degli appartenenti all’ordine giudiziario”.
Se in Paesi come Stati Uniti e Gran Bretagna una legge sui “suonatori di fischietti” esisteva già, in Italia l’approvazione del colma un buco legislativo che si trascinava avanti da anni. A denunciare quanto fosse importante l’introduzione di una legge di questo tipo è stato anche Andrea Franzoso, il funzionario di Ferrovie Nord Milano che denunciò gli abusi del presidente Norberto Achille. Tra le spese coi soldi pubblici fatte dal presidente c’era di tutto: film porno, multe da pagare, poker on-line, benzina per la macchina e abiti di lusso. Per la sua denuncia, Franzoso era trasferito finché non ha deciso di lasciare il lavoro e raccontare la sua storia in un libro, Il Disobbediente (edito da Paper First).