SAMI BLOOD di Amanda Kernell. Con Lene Cecilia Sparrok, Maj-Doris Rimpi, Mia Erika Sparrok. Svezia 2016. Durata: 110’ Voto: 4/5 (DT)
“Desidero la terra che non c’è, perché quella che desidero sono stanca di desiderarla”. Tra le “razze” discriminate, vilipese e umiliate nell’Europa occidentale ci sono anche i lapponi, altrimenti detti sàmi. Poche decine di migliaia di persone che negli anni trenta del ‘900 nel nord della Svezia vennero “civilizzati” attraverso scuole svedesizzanti. Ella-Marja, oggi 78enne, in quel decennio era un’adolescente, costumino tipico lappone, imposizione di lingua e cultura svedese, misurazione del cranio, del naso, della fronte, e foto segnaletica come ai tempi di Lombroso. Da anziana dopo aver rifiutato di partecipare al funerale della sorella morta, e di rievocare tradizioni e canti della propria cultura d’origine tra un pranzo e una caccia alla renne, la donna guarda indietro nel tempo, e si apre un lungo flashback che occupa tre quarti di film. L’adolescenza di Ella-Marja, inquieta e dolorosa, violenta e cinica, ma anche palpitante d’amore per un coetaneo “bianco e biondo”, messa in scena con una naturalezza di sguardo, una fluidità di ripresa e di montaggio, che lascia allibiti. La macchina da presa di Kernell prova a concentrarsi sul viso della protagonista, un po’ più bassa degli spilungoni svedesi, ma proprio per questo aggrappata col corpo e con le mani ad una necessaria emancipazione sociale che non assolve di certo la protervia razzista e che comunque maledice le proprie origini tribali incapaci di riscatto. Ella-Marja è un’eroina contemporanea, femminile, arrabbiata e ribelle, tenace e vigorosa, che non può che essere amata come si amano i giusti perdenti. Con una catarsi violentissima sul finale, e un’attrice (Lela Cecilia Sparrok) che lascia senza fiato per verità e bellezza.