HAPPY END, di Michael Haneke, con Jean-Louis Trintignant, Isabelle Huppert, Mathieu Kassovitz – Austria/Fr 2017 Durata: 110’ Voto: 3,5/5 (AMP)
Non fosse un’opera di Haneke, il titolo Happy End farebbe allontanare lo sguardo: altresì si tratta dell’ennesima seduzione fatale – di produzione e lingua francese – per un’intelligenza narrativa in perenne ricerca. Vi ha riunito due dei “suoi attori” supremi – Isabelle Huppert e Jean-Louis Trintignant (“perché non serve cambiare quando ti trovi bene con alcune persone”) aggiungendo una gioventù interessante nei volti dell’adolescente Fantine Harduin e di Franz Rogowski, nel ruolo del disturbato/disturbante figlio della Huppert. Con loro un eccellente Mathieu Kassovitz ambiguo al punto giusto. Presentato come la summa filmografica dell’ultimo Haneke, Happy End osserva, frantuma e riaggiusta i pezzi, adottando mescolanze percettive e l’utilizzo massiccio dei social media. A tal proposito il regista ammette di avervi inserito elementi dal progetto Flashmob, ormai abortito e qui assorbito. È chiaro che un film di Michael Haneke non vada rivelato in nessuna delle sue parti, giacché prende forma/sostanza in un crescendo di senso incomprensibile senza avvenuta visione. E, come diceva Hitchcock per Psycho, vietato proferir parola sul finale, a maggior ragione in una pellicola che sul titolo ripone la sua forza. Seppur solido nella sostanza narrativo/drammaturgica, Happy End non ha tuttavia trovato la sua perfezione a differenza di opere precedenti del maestro austriaco, come ad esempio il precedente Amour del quale il presente film è una sorta di sequel.