Che il mondo dell’opera non goda affatto, in quanto a fondi e creatività, di buona salute è cosa alquanto nota, come noto è l’auspicio che originali vie espressive possano sempre affacciarsi all’orizzonte affermando inedite modalità di narrar cantando nuove storie: è questo quanto si propone di fare Non è un paese per Veggy, che, come affermano i suoi stessi autori, si candida a essere la prima opera panettone della storia.
Con un libretto di Federico Capitoni e le musiche di Domenico Turi, la prima assoluta di Non è un paese per Veggy avrà luogo il due dicembre prossimo al Teatro Palladium di Roma nella cornice del 54esimo Festival di Nuova Consonanza. Il titolo, un più che chiaro riferimento al celebre film dei fratelli Coen, fa altresì riferimento al personaggio principale della vicenda, Veggy, ossia il regista radical chic di un melologo nutrizionista e vegano per soprano e orchestra la cui messinscena è il soggetto principale del lavoro.
Un’opera nell’opera dunque, con soluzioni formali e linguistiche a dir poco originali: oltre a definirla “opera panettone”, gli autori infatti la considerano anche la prima “opera trash” della storia, in quanto il lavoro che il regista Veggy è prossimo a mettere in scena (l’opera, in un solo atto, si apre proprio sull’ultima prova del melologo nutrizionista chiamato Zucchero di canna), viene fatto naufragare per ragioni d’ordine politico (il sindaco della città minaccia di non farla andare in scena in quanto proprietario di un’azienda produttrice di carne). Zucchero di canna verrà così rimpiazzato con la messinscena di un altro lavoro, un’opera che possa incontrare i gusti, le preferenze e gli interessi del sindaco: ecco così fare finalmente il suo trionfale ingresso l’opera trash Così fan rutti.
Tutti i personaggi della vicenda sono legati fra loro da una fitta rete di relazioni parentali e amorose: il compositore lavora sol perché figlio del direttore artistico del teatro in cui va in scena l’opera, lo Snob Theatre; il soprano canta in quanto amante dello stesso direttore artistico; la principale giornalista che si occupa di recensire lo spettacolo lo fa sol perché madre del soprano ed ex amante, anche lei, del direttore artistico.
Non è un paese per Veggy è un’opera che parla della difficoltà, tipicamente italiana, di realizzare progetti di alto livello artistico o etico, con una critica feroce a un sistema nel quale la moda prevale sui convincimenti morali e intellettuali, in meccanismi per nulla puliti e alquanto frequenti nel mondo dello spettacolo: a farne le spese, nell’opera, sarà proprio il protagonista, Veggy, che alla fine soccomberà sotto le tipiche dinamiche di un sistema malato e autoreferenziale. L’opera, anticonformista e gravida di attacchi al mondo artistico e intellettuale italiano, non tarderà a far parlare di sé, perché, come leggiamo nella sua presentazione: “(…) la prima opera-panettone della storia spara su tutti. Sui vegani e sui non vegani, sui radical chic, sui finti intellettuali, sui cafoni, sui conformisti, sulle dinamiche impure del mondo dello spettacolo e della cultura”. E se in simili casi si tiene a precisare, non senza una certa puntualità, che ogni possibile riferimento a persone o fatti realmente esistenti sia frutto di mere coincidenze, gli autori di Non è un paese per Veggy tengono ulteriormente a indicare che “Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale… Fino a un certo punto”.
Insomma, il 2 dicembre prossimo non ci resta che andare tutti a mangiare il succulento panettone melodrammatico preparato e condito da Federico Capitoni e Domenico Turi, sperando ovviamente mantenga la sua promessa e sia il più trash possibile.