Quella foto pubblicata su facebook nel 2011 non era dei Cumps (abbreviazione americanizzata di “compari”) ma degli attori del film Romanzo Criminale. Il gip di Reggio Calabria, Antonino Foti, ha così revocato l’arresto di Paolo Benavoli, Alessio Falcomatà, Francesco Patea e Vincenzo Toscano finiti un mese fa in carcere (i primi tre) e ai domiciliari (il quarto) perché coinvolti in un’inchiesta antimafia sui rampolli della cosca Morabito. Un’operazione che ha portato all’arresto di 50 persone e che ha fatto luce sull’ascesa delle giovani leve della famiglia mafiosa di Africo e su come queste controllavano gli appalti nel comune di Brancaleone.
Oltre all’associazione mafiosa e alle numerose estorsioni contestate dalla dda agli indagati, al capo di imputazione numero 17 dell’ordinanza di custodia cautelare c’era la detenzione e il porto illegale di armi da guerra e comuni da sparo. Reato aggravato dalle modalità mafiose perché, essendo Benavoli, Falcomatà e Patea indagati anche per ‘ndrangheta, quelle armi potevano far “parte dell’arsenale a disposizione del sodalizio”.
L’unico problema è che i quattro soggetti che, con il passamontagna, tenevano in mano una mitragliatrice Beretta M12/S, una pistola a tamburo, una Beretta semiautomatica calibro 9 e una “micidiale” 357 magnum, non erano gli arrestati finiti in carcere. Piuttosto uno di loro, Paolo Benavoli, aveva pubblicato sul suo profilo facebook un frame del noto film ispirato alla storia della banda della Magliana. Un errore al quale il commissariato di Condofuri ha rimediato il 7 novembre scorso quando ha inviato in procura una nota secondo cui “emergono seri dubbi sull’identificazione degli indagati e sulla stessa sussistenza del reato in questione”. Ecco perché a chiedere al giudice per le indagini preliminari la revoca della misura cautelare, “limitatamente” a quella detenzione di armi, è stata la stessa procura.
“Il Gip – è scritto nell’ordinanza – rileva che sia nella richiesta cautelare sia nell’informativa in atti del Commissariato di Condofuri del 29 maggio 2013 veniva indicata dalla polizia giudiziaria la certezza del riconoscimento degli odierni indagati, ‘taggati’ in una foto ritraente quattro soggetti armati e si affermava testualmente che: Ed alla taggatura dei pervenuti, si aggiungerà il riconoscimento effettuato da personale di quest’ufficio, il quale nonostante le persone armate avessero il volto travisato da passamontagna, riusciva ad individuarle per i soggetti in argomento, anche grazie ai diversi caratteri antropometrici che li caratterizzano”.
Solo dopo l’arresto, “lo stesso commissariato – scrive sempre il gip – sostiene che un’attenta e scrupolosa disanima, per il tramite della diffusione della stessa immagine nell’ambito dei più comuni motori di ricerca (Google) ha consentito di evidenziare che la stessa immagine appariva quale foto rievocativa pubblicitaria della nota fiction televisiva Romanzo Criminale e che era circolata in rete dal 2005, indicando, pertanto l’esistenza di un errore nel riconoscimento antropometrico, a suo tempo, effettuato in fase di indagini”. L’ordinanza di custodia cautelare, quindi, è stata revocata “limitatamente al capo 17” e gli atti sono stati rimandati in Procura che probabilmente, per la sola detenzione di armi, potrebbe chiedere l’archiviazione delle indagini. Paolo Benavoli, Alessio Falcomatà, Francesco Patea resteranno comunque in carcere perché accusati di associazione mafiosa e altri reati. Lascia i domiciliari e torna libero, invece, Vincenzo Toscano, l’unico dei quattro indagati che era stato arrestato solo perché riconosciuto tra i quattro “pistoleri” della fotografia pubblicata su facebook. E invece quel ragazzo armato non era Toscano, ma Libano o il Dandy, uno dei protagonisti di Romanzo criminale.