Se sembra impossibile allora si può fare, il segreto di Bebe Vio: dolore e trionfi raccontati in un libro
Nell'autobiografia della giovane schermitrice veneta, oro a Rio 2016, il racconto della malattia, la disperazione e la rinascita. E diverse denunce sulle condizioni dei disabili, spesso ignorate dall'opinione pubblica
“Cominciate a cercarvi un sogno perché i sogni sono tutto nella vita. Non è mai troppo tardi per cominciare a sognare”. È questo l’invito che la schermitrice Bebe Vio, oro alle Paralimpiadi di Rio 2016., rivolge a tutti nel suo nuovo libro Se sembra impossibile allora si può fare. “Non vale accontentarsi, bisogna lottare fino in fondo anche se abbiamo paura – scrive – Il trucco è trasformare la paura in adrenalina, l’adrenalina in cattiveria agonistica e la cattiveria agonistica in felicità. Mettetevi in gioco e non mollate mai”. Nessuno può saperlo meglio di lei, che ha raggiunto quella medaglia dopo un percorso sportivo partito quando era giovanissima. Non l’unico successo, nella sua carriera, arricchita tra vari trionfi tra cui il titolo europeo nel 2014 e mondiale l’anno successivo. Fino al gradino più alto del podio, di nuovo, nel giugno 2016 a Casale Monferrato. Ma la sua non è solo una storia di sport. Colpita da una meningite da bambina, Vio ha subito l’amputazione degli arti ricominciando da zero per prendersi tutto “affrontando la vita col sorriso, gli ostacoli e le paure”. E nell’autobiografia tocca tutti i grandi temi della sua vita, il dramma e la rinascita, la disperazione, i sorrisi e l’altra squadra, quella composta da papà Ruggero e il resto della famiglia.
“Goditi quello che hai perché la vita è una figata” – La storia di Bebe è unica, probabilmente irripetibile, anche se dice di “non sentirsi un marziano” e in lei vince il desiderio di essere da esempio per tanti giovani disabili: “Questa responsabilità mi riempie di orgoglio, di gioia. A volte, però, sono un po’ spaventata della fama che ho raggiunto ma poi penso che, così, posso aiutare tante persone a superare dolori fortissimi, condizioni davvero limitanti. Sempre, però, cercando di avere il sorriso sulle labbra”. Ma capita che la disabilità venga vissuta con sofferenza, angoscia, paura. E infatti, in una delle pagine più forti del libro, la ragazza veneta – che ebbe la faccia tosta di chiedere un selfie a Barack Obama durante una cena alla Casa Bianca – rivive uno dei momenti più delicati che ha vissuto: il pensiero del suicidio. “È stato di sicuro uno dei momenti più brutti e difficili della mia vita. Ero così disperata che una mattina, mentre mio padre mi medica, io mi metto a gridare: ‘Basta! Fa male! Non ce la faccio più, adesso mi suicido!’”. Ed è lì che interviene papà Ruggero, che insieme alla madre, al fratello e alla sorella costituiscono “l’altra mia squadra”, le hanno dato quella scossa necessaria per voltare pagina, per farle capire l’importanza di vivere. “Goditi quello che hai perché la vita è una figata”, le disse il padre. E quell’espressione oggi è diventata il titolo di un programma in onda su Rai 1 condotto proprio da Vio, eletta nel 2016 “Donna dell’anno” dai lettori de ilfattoquotidiano.it.
La violenza contro le donne: un tema di tutti – Nel libro, la schermitrice racconta anche le altre battaglie personali slegate dalla realtà dello sport. Spiega, ad esempio, di quando “per la prima volta nella mia vita ho deciso di non dire ‘pazienza’” nel giorno in cui ha subìto una minaccia a sfondo sessuale su Facebook, che ha portato a denunciare pubblicamente l’accaduto e le continue violenze che ogni giorno sono costrette a subire migliaia di donne, fenomeni molto diffusi oggi anche sui social. Era il febbraio 2017, quando ha scoperto su Facebook era stata aperta una pagina in cui si invitava alla violenza sessuale nei suoi confronti: “Così ho deciso che non potevo rimanere zitta e sono andata dalla polizia. Insisto su questo – mette nero su bianco una delle più giovani atlete italiane ad aver vinto una medaglia d’oro ai Giochi Paralimpici – ma è un tema che credo sia fondamentale per tutti, non solo per chi usa i social media e si trova ad avere a che fare con i cosiddetti hater. Nessuno ha il diritto di maltrattarvi, nemmeno a parole e nessuno ha il diritto di mettervi i piedi in testa”. Per questo, oltre alla denuncia, Vio ha anche lanciato una campagna per “donare un neurone a un hater”.
“Lo Stato non aiuta a sufficienza le persone disabili” – Ma le denunce di Bebe presenti nella sua autobiografia edita da Rizzoli non finiscono qui. Dal “diritto a vedere realizzati progetti di vita indipendente” per le persone con disabilità, troppe volte costrette a vivere con i propri genitori per mancanza di fondi pubblici di assistenza, così come l’annoso problema della “mancanza di lavoro per i disabili”, emarginati a ruoli di secondo piano se non addirittura abbandonati a se stessi. Oltre alla questione dell’insufficienza di un aiuto economico soddisfacente per i disabili che scelgono di praticare sport a livello agonistico, che “costringe migliaia di persone con disabilità a pagarsi interamente le attrezzature, i trasporti, l’organizzazione delle gare”. Per dare la possibilità ad atleti con disabilità di lanciarsi nel mondo dello sport agonistico, Vio ha fondatoArt4Sport, “associazione con il maggior numero di atleti presenti alle Paralimpiadi brasiliane dello scorso anno”, che ha la “missione di supportare le famiglie dei ragazzi per permettere loro di divertirsi quotidianamente attraverso l’attività sportiva”. Il filo rosso del testo continua ad essere incentrato sulla “speranza”, la voglia di “lottare nonostante tutto”, l’importanza di “avere delle squadre attorno alle quali costruirsi una vita migliore”. Poi l’invito, schietto, senza giri di parole: “Non rinunciate al vostro obiettivo per la paura ma fate della paura la vostra forza – scrive – Tutti abbiamo paura delle cose che non conosciamo, e la disabilità non solo è una cosa sconosciuta ma è anche una cosa di cui si ha paura di parlare. Ma io ho deciso di scrivere questo libro per parlarne”.