L’assalto al palazzo è respinto. Anzi, è la Juventus ad espugnare il fortino del San Paolo, accorciando in classifica (ora è solo a meno uno) e portando dalla sua parte l’inerzia della corsa scudetto, alla vigilia dell’altro big match di sabato prossimo contro l’Inter (che intanto può andare in testa). Se Napoli-Juve doveva essere per gli azzurri la partita della spallata, per consacrarsi definitivamente come grande d’Italia e spingere i rivali a distanza di fuga, lo 0-1 finale è un messaggio chiaro: la rivoluzione può attendere, la squadra da battere è ancora la Juventus.

Il gol vittoria, tanto per cambiare, lo ha segnato il grande ex Gonzalo Higuain: temutissimo, fischiatissimo, decisivo come sempre, nonostante l’operazione alla mano subita in settimana, la vistosa fasciatura e il recupero a tempo di record. Subito dopo il gol ha portato la mano all’orecchio per rispondere agli insulti dei tifosi e poi sulla fronte, come per cercare Aurelio De Laurentiis in segno di contestazione. Ma il vero uomo partita è stato Massimiliano Allegri, che ha impartito al “maestro” Sarri appena premiato come miglior allenatore dell’anno una vera lezione di calcio.

Nella sfida tra attacco e difesa, concretezza e bellezza, ideologia e pragmatismo, hanno vinto i più forti: ovvero la Juventus. Di fronte a Sarri che non cambia mai e vuole vincere imponendo il suo credo, Allegri ha scelto di adattarsi all’avversario per superarlo. E così ha conquistato meritatamente il big match che rischia di segnare tutto il campionato. Per l’occasione, la Juve si è presentata con un inedito 4-4-1-1 molto stretto in fase di non possesso, pensato apposta per coprire triangolazioni e sovrapposizioni del Napoli. Come l’ultima delle provinciali, con 10 uomini sistematicamente dietro la linea della palla, ma con la personalità di giocare palla dalla difesa. E con in più Dybala e Higuain lì davanti. Il primo rifinisce, il secondo finalizza il contropiede magistrale che dopo appena un quarto d’ora ha cambiato la storia della partita dell’anno. Mettiamoci pure Douglas Costa, alla miglior uscita stagionale e imprendibile per Mario Rui (quanto pesa l’assenza di Ghoulam) e il quadro è completo.

L’atteggiamento e gli uomini fanno la differenza, e più ancora la tattica. Il Napoli è bellissimo, ma tutto sommato prevedibile nella sua perfezione. La Juve ha studiato tanto e si è applicata bene facendo valere tutto il peso dei suoi sei scudetti consecutivi. Perfetti sui calci da fermo, concentrati dal primo all’ultimo minuto, mai in affanno. Sorpreso dallo svantaggio e dai propri limiti che credeva di non avere più, il Napoli invece ha sparato poco e a salve per tutta la serata: il più pericoloso è stato Insigne con qualche conclusione da fuori, Mertens è sparito tra i colossi bianconeri, Callejon non era proprio in gran serata. E dalla panchina non è uscito nessuno in grado di cambiare il match.

Nella ripresa i padroni di casa hanno alzato il baricentro, un pochino anche il ritmo. Non abbastanza per forzare la doppia cerniera della Juve. Anzi, sono stati proprio i bianconeri a sfiorare il raddoppio con Matuidi, fermato da un miracolo di Reina. L’unica vera occasione di un incontro in fondo noioso, a confronto delle aspettative altissime della vigilia forse anche deludente. Ma non certo per la Juventus. Quando pure Insigne ha alzato bandiera bianca per un problema muscolare (altra pessima notizia in vista delle prossime settimane), la partita è davvero finita. Il Napoli è ancora ma primo, ma stasera si è riscoperto ancora inferiore alla Juventus. Come sempre negli ultimi anni.

Twitter: @lVendemiale

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