Il ceo dell'azienda: "Così è difficile pagare operai e fornitori". La rsu del sindacato: "Veramente i lavoratori sono retribuiti al 90 per cento dall'Inps..."
Non basta il piano fallimentare per rilanciare l’acciaieria, non basta nemmeno la polemica tra istituzioni con il presidente della Regione Enrico Rossi che querela l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi perché accusato di aver scelto l’imprenditore algerino Rebrab. Ora si potrebbe arrivare anche al rischio di non veder pagati gli stipendi degli operai. Il motivo, spiega all’Ansa il ceo di Aferpi Said Benikene, è una comunicazione di “pignoramento dei nostri conti correnti bancari da parte del commissario della Lucchini“, Piero Nardi. L’atto, dice Benikene, è “legato a pretese penali da pochi giorni unilateralmente pretese dal commissario” per l’interruzione dell’attività produttiva e “non confermate da alcun doveroso accertamento giudiziale”, anzi “da noi opposte”. Ciò è “indice della volontà di rendere difficili nei prossimi mesi i nostri pagamenti di stipendi e fornitori”. “Terrorismo mediatico” risponde la Fiom in una nota.
Secondo Benikene il pignoramento dei conti è “un atto non legato a nostre mancanze o inadempimenti nei confronti delle banche o di terzi”. L’ad di Aferpi precisa tra l’altro che “le penali sono state da noi prontamente contestate in quanto l’interruzione delle attività è stata solo parziale e soprattutto diretta conseguenza del diniego all’esportazione di valuta dall’Algeria e ciò costituisce notoriamente un evento di forza maggiore, con conseguente inapplicabilità di alcuna penale”. Per il ceo il pignoramento richiesto dal commissario Nardi è “un significativo indice della volontà di rendere difficili nei prossimi mesi i nostri pagamenti di stipendi e fornitori con l’evidente intento di sostenere l’insolvenza di Aferpi. Queste tecniche si commentano da sole e ad esse ci opporremo con tutte le forze auspicando che lo stesso ministro intervenga nell’ambito di quanto da lui auspicato”.
Il delegato della rsu Fiom-Cgil Jonathan Ghignoli commenta: “Nel diritto italiano si definisce pignoramento l’atto con il quale ha inizio l’espropriazione forzata e l’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da ogni atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito… La notizia lanciata alla stampa dal sig. Benikene pare un bieco tentativo di terrorismo mediatico. Vorremmo ricordare al dottor Benikene che i lavoratori ad oggi anche grazie alle loro incapacità gestionali, sono sostanzialmente retribuiti al 90 per cento dalla collettività, ossia dall’Inps! Peraltro il blocco interviene soltanto sulla penale inflitta ad Aferpi per la mancata ripresa produttiva imposta dall’addendum, lasciando libera azione sulla restante liquidità di cassa”.
Cevital – l’azienda che fa capo a Issad Rebrab – ha ribadito due giorni fa che è pronta a cedere Aferpi perché cosciente di “non poter procedere senza il supporto del Governo”, ma senza capire perché “svendere gli impianti” e perché non si chieda all’azienda di reinvestire in Italia. In quel caso le parole di Benikene erano state contestate dalla viceministra allo Sviluppo Teresa Bellanova che aveva definito la nota di Cevital “fuori luogo”: “Dal Governo non c’è alcun invito a svendere”. “Piuttosto – ha detto la viceministra – è la società che ha dimostrato di non essere in grado di realizzare il progetto industriale, tanto che la produzione è ferma e non sono state rispettate neppure le scadenze dell’addendum del giugno scorso. Noi abbiamo chiesto di individuare un partner industriale che faccia ripartire il sito e dia lavoro ai dipendenti e loro non sono stati in grado di farlo per cui ogni attacco al Governo è anche forviante rispetto ai problemi che dobbiamo affrontare”.