Nella lista non ci sono Luigi Genovese (Forza Italia), Fabrizio La Gaipa (M5S), Riccardo Savona (Forza Italia) e Edy Tamaio (Sicilia Futura): si tratta in pratica dei consiglieri regionali - o semplicemente candidati all'Ars - finiti nel mirino della magistratura dopo le elezioni. Il motivo? La commissione presieduta da Rosy Bindi non aveva informazioni investigative sul loro conto
Il deputato arrestato 48 ore dopo dalla elezione. E poi quattro candidati non eletti ma comunque già segnalati in campagna elettorale. Il sesto invece è una novità seppur l’unico ipoteticamente incandidabile ai sensi della legge Severino. A quasi un mese di distanza dalle elezioni regionali siciliane, eccoli qui i candidati impresentabili emersi dopo le verifche della commissione Antimafia. A renderli noti è Mario Barresi sul quotidiano La Sicilia. Rosy Bindi, infatti, non aveva voluto rendere noti i nomi dei sette candidati indesiderabili (sei in Sicilia e uno a Ostia) emersi dalle verifiche di Palazzo San Macuto.
“Non sono infatti definitivi tutti i nostri accertamenti perché attendiamo ancora alcuni riscontri dagli uffici giudiziari. Inoltre, non essendoci ancora la proclamazione degli eletti da parte degli uffici elettorali siciliani, non possiamo ancora sapere se scatteranno le sospensioni previste dalla legge Severino”, aveva spiegato la presidente dell’Antimafia. Che poi aveva sottolineato come “una di queste rientra le condizioni di incandidabilità della legge Severino, mentre le altre sei incorrono nelle previsioni del cosiddetto codice di autoregolamentazione dell’Antimafia”.
Apre la lista, dunque, Cateno De Luca eletto nell’Udc a Messina con 5.418 voti, arrestato due giorni dopo per evasione fiscale e poi tornato libero dopo la revoca dei domiciliari. Inchiesta quest’ultima che non era a conoscenza dell’Antimafia, ma d’altra parte la commissione non era in possesso di informazioni giudiziarie su Luigi Genovese (Forza Italia), Fabrizio La Gaipa (M5S), Riccardo Savona (Forza Italia) e Edy Tamaio (Sicilia Futura): si tratta in pratica dei consiglieri regionali – o semplicemente candidati all’Ars come La Gaipa – finiti nel mirino della magistratura dopo le elezioni. Prima di essere arrestato, però, De Luca aveva una serie di processi a carico. L’ultimo è quello per il sacco di Fiumedinisi che si è concluso con un’assoluzione in primo grado il 10 novembre, nonostante una richiesta di condanna da parte del pm a 5 anni per tentata concussione e abuso d’ufficio. L’avvocato Carlo Taormina, legale del consigliere Udc, ha consegnato nelle scorse ore alla presidente Bindi “un atto di diffida dall’inclusione di De Luca nella cosiddetta lista degli impresentabili, qualificazione ignota all’ordinamento giuridico e con la quale invece si intenderebbe pregiudicare la reputazione personale e politica delle persone”.
Insieme a De Luca, violerebbero il codice etico dell’Antimafia anche le candidature con l’Udc Pippo Sorbello, non rieletto a Siracusa con 1.949 voti, sotto processo per voto di scambio, Gaetano Cani imputato per estorsione ai danni dei docenti di un istituto paritario ma titolare di 4.220 preferenze ad Agrigento. Poi c’è Ernesto Calogero, candidato con Diventerà Bellissima – il movimento del neogovernatore Nello Musumeci – condannato in primo grado a quattro anni per falso. Ha comunque ottenuto 1.699 voti a Catania. Così come ha preso 1.949 preferenze, con Forza Italia, Antonello Rizza. L’ex sindaco di Priolo, dimessosi dopo l’arresto dello scorso 14 ottobre per truffa aveva totalizzato in passato già 22 capi d’imputazione, fra cui corruzione, concussione, tentata violenza privata, associazione a delinquere, falso, truffa, intralcio alla giustizia, tentata estorsione, turbata libertà di scelta del contraente e abuso d’ufficio. Fin qui gli impresentabili che violano il codice etico dell’Antimafia e che hanno portato al centrodestra 18.215 voti.
Già durante la campagna elettorale ilfattoquotidiano.it aveva acceso i riflettori su alcuni aspiranti consiglieri regionali: 18 correvevano con la coalizione del neopresidente Nello Musumeci e alle elezioni del 5 novembre hanno raccolto ben 93.236 preferenze. Non erano solo indagati o condannati, ma anche quelli con legami familiari o trascorsi personali che sollevavano più di qualche dubbio. Molti di quei nomi – anzi, quasi tutti – sono finiti agli atti della commissione Antimafia.
Curioso invece l’unico caso di possibile incandidabilità almeno secondo la stessa Antimafia. È quello di Antonello Calvo, candidato con la lista di Fabrizio Micari e titolare di appena 123 voti a Ragusa. Nei documenti della candidatura non si faceva cenno a una condanna definitiva superiore a due anni per bancarotta. Su questa posizione la commissione aspetta la conferma dalla procura di Ragusa. “Consultai l’avvocato prima delle Regionali: ho tutte le carte in regola”, si difende con La Sicilia il diretto interessato. Che poi ripercorre la sua storia giudiziaria: “Ero imprenditore nel settore dei mezzi per l’agricoltura, ho chiuso anche perché vessato dalla malavita. Ora faccio il bracciante, con orgoglio e libertà. Anziché compilare liste, la politica si interroghi sul perché un uomo perbene è costretto a fallire“.