Cultura

Il bar dei giostrai e Borgo Lenin, due interpretazioni di Ferrara nei libri

Nel suo romanzo, Cristiano Mazzoni (prima che qualcuno storca il naso: no, non siamo parenti) scrive che chiunque abbia praticato il calcio di strada è per diritto acquisito un calciatore; la definizione non appartiene solo a coloro che hanno lauti ingaggi e giocano in qualche club blasonato. Non capisco perché l’autore non applichi questo concetto anche alla scrittura. Lui è uno Scrittore con la S maiuscola. Il bar dei giostrai (Autodafé edizioni) lo dimostra (è un libro bellissimo). Una storia di formazione cullata dagli anni Ottanta e da istantanee di una Ferrara che a tratti scompare nella nebbia del ricordo.

Folco, il quasi cinquantenne protagonista del romanzo, dopo una partita della sua amata Spal, si ritrova davanti al bar di gioventù con l’inseparabile cugino Albi e gli rivela una storia che inizia negli anni Ottanta e che deve ancora trovare un suo finale. In un gioco di ricordi prendono vita la vecchia borgata, i riti delle periferie, le domeniche allo stadio, l’entusiasmo ancora vivo per il Partito e gli ideali proletari, i rapporti con gli amici, i rivali politici e con il grande male dell’eroina. L’attesa di quello che è una sorta di appuntamento con il destino di Folco accompagna il lettore in una viva e appassionante rivisitazione di un’epoca e di una città.

Con uno stile pulito, semplice, che a volte diviene poesia della strada, a volte cronaca veritiera di una borgata operaia, Cristiano Mazzoni riesce a raccontare una città orgogliosa e unica. Non è vero che tutte le città di provincia sono uguali. Non è vero che chi le abita potrebbe essere spostato di qui e di là. Esistono, tangibili, le particolarità e romanzi come questo mostrano terribilmente bene come i segni distintivi di un territorio plasmino per sempre i suoi abitanti.

Anche Borgo Lenin, di Cinzia Romagnoli (Koi Press), è uno struggente, riuscito e avvincente viaggio letterario nel passato del territorio ferrarese (già in odor di Romagna). Tutto inizia con la morte, forse incidentale, di un insospettabile pensionato presso la propria abitazione. Ma Fabio Sinigaglia, poliziotto malinconico, cinofilo e divoratore di musica rock, in servizio nella Questura di Ferrara, cerca di trovare il bandolo di una matassa che lo porterà ai segreti di un piccolo paesino della provincia e ai foschi ricordi del periodo bellico, quando tutto era permeato, tenacemente, di passioni politiche, miseria, solidarietà, lotte sindacali e partigiane.

Attraverso gli occhi di Libero, bambino ai tempi della guerra, il mistero di oggi si riallaccia alle radici del passato, trasformando il romanzo in un vero e proprio viaggio della memoria. Borgo Lenin racchiude una storia intrisa di violenza e sangue, scritta in modo coinvolgente, con grande precisione del periodo storico affrontato e con un linguaggio fluente, semplice e al contempo imbevuto di raffinato lirismo popolare. Cinzia Romagnoli tratteggia un micromondo umano e credibile: poliziotti annoiati, fattucchiere di confine, zelanti massaie con cagnolini epilettici, psicologhe metallare, cosplay non omologati dell’Agnese di Renata Viganò e dei ragazzi terribili di Luigi Preti. Una riuscita e avvincente prova d’esordio che vale la pena leggere per capire un territorio, la sua gente e gli sviluppi sociali e culturali avuti negli ultimi 70 anni.