Lo hanno già ribattezzato come il Donald Trump del Brasile. Anche se non dispone di tutte le sue ricchezze, sembrano avere molti punti in comune: è un fervente sostenitore delle armi per tutti, è un religioso nazionalista, anti-gay, sessista, e il suo slogan è “il Brasile sopra ogni cosa, Dio sopra tutti”. Stiamo parlando di Jair Bolsonaro, uno dei candidati alle prossime elezioni presidenziali del 2018 del paese carioca, che secondo gli ultimi sondaggi di Datafolha raccoglie un ragguardevole 16% delle preferenze. Arriverebbe a sfidare in un eventuale ballottaggio Lula da Silva, l’ex presidente-operaio, che ha deciso di candidarsi e nelle intenzioni di voto è in cima alle preferenze con il 35 per cento, anche se su di lui pende una condanna in primo grado a nove anni e mezzo per corruzione ed è imputato in altri sei processi.
Ex militare e rappresentante dell’estrema destra, Bolsonaro sembra trovare molto consenso tra i giovani, nonostante definisca ‘vagabondi‘ coloro che si battono per i diritti umani e sostiene che in Brasile non ci sia mai stata una dittatura tra il 1964 e 1985. È famoso inoltre per alcune ‘perle’, come l’aver detto ad una deputata “non ti stupro perché non te lo meriti”, e dedicato il suo voto per l’impeachment della ex presidente Dilma Roussef a Carlos Alberto Brilhante Ustra, capo dei torturatori durante la dittatura. Non si definisce populista, ma “una minaccia per le oligarchie, i corrotti e chi vuole distruggere i valori della famiglia”. Un refrain che a molti potrà sembrare familiare… Nonostante occupi lo scranno parlamentare da ben 26 anni, Bolsonaro non ha all’attivo nel suo curriculum politico grandi risultati: ha visto approvati solo 2 dei 171 progetti di legge da lui presentati, e ha riconosciuto candidamente di avere una comprensione superficiale dell’economia. Gode però di una grande copertura sui media e del numero di follower su Facebook più alto di tutti i politici brasililani.
Il suo crescente successo è il segno tangibile della difficoltà e disaffezione in cui vive l’elettorato brasiliano, dopo gli scandali di corruzione che hanno visto coinvolti, oltre a Lula, anche la ex presidente Roussef e l’attuale premier, Michel Temer, senza dimenticare la disoccupazione, la povertà e la violenza in crescita nel paese. Tra l’altro, c’è anche la possibilità che Bolsonaro possa vedersi la strada spianata, durante la campagna elettorale, visto il futuro incerto di Lula, legato alle sue vicende giudiziarie. Tra gli altri possibili candidati ci sono l’ex leader ambientalista, Marina Silva, che raccoglie il 15 per cento dei consensi nei sondaggi (arrivò terza alle presidenziali del 2014), il sindaco di San Paolo, Joao Doria, e il governatore di San Paolo, Geraldo Alckmin, che per ora hanno l’8 per cento, e il ministro delle Finanze, Henrique Meirelles, amato dai mercati ma solo al 2 per cento. Temer, che ora raccoglie solo un risibile 3 per cento di approvazione, vuole costruire un’ampia coalizione di centrodestra, per affrontare la battaglia per la riforma previdenziale e mantenerla unita fino alle prossime elezioni.
C’è poi Luciano Huck, popolare presentatore televisivo della Rede Globo, principale emittente del paese sudamericano, in crescita nelle preferenze e che se si presentasse, secondo il sondaggio Ipsos commissionato dal quotidiano Estadao, raccoglierebbe il 60 per cento. Ma per il momento Huck non ha confermato l’intenzione di candidarsi, anche se alcuni partiti conservatori si sono già fatti avanti per averlo nelle loro liste. Bolsonaro quindi, secondo i sondaggi, è al momento ben lontano dal poter vincere e diventare il prossimo premier del Brasile, ma certo potrebbe arrivare ad un ballottaggio, e a “dettare le sue regole”, come ha già detto. E comunque, gli ultimi eventi, dalla Brexit in poi, hanno dimostrato che dei sondaggi bisogna iniziare a dubitare. Tanto più che solo il 13 per cento dei brasiliani pensa che la democrazia funzioni bene e il 60 per cento vorrebbe un presidente outsider, cioè non proveniente da uno dei tre principali partiti.