In aprile aveva promesso che le tasse sulle imprese sarebbero calate dal 35 al 15%. Nel corso delle trattative in Senato l’aliquota finale è salita al 20%, e il presidente ha aperto alla possibilità di portarla al 22. Quel che è sicuro è che la riforma fiscale di Donald Trump, approvata dalla Camera alta statunitense nella notte tra venerdì e sabato, premia ricchi e corporation senza portare vantaggi al ceto medio che il tycoon aveva promesso di aiutare contro gli interessi delle elite e di Wall Street. E secondo le analisi del Congressional Budget Office farà ulteriormente aumentare il deficit federale di 1.400 miliardi di dollari in dieci anni, aumentando il peso sulle generazioni future e provocando nuovi tagli alla spesa pubblica. Cosa che rischia di tradursi in altri svantaggi per i ceti medio bassi. Un modello che in Italia piace al leader M5S Luigi Di Maio, secondo il quale è una buona idea tagliare le tasse alle imprese facendo più deficit.

L’approvazione avvicina Trump, nel pieno della bufera Russiagate, alla sua prima vittoria legislativa, preziosa in vista delle elezioni di midterm che si terranno nel 2018 e dopo la débâcle registrata in estate con la riforma sanitaria che avrebbe dovuto sostituire l’Obamacare, una delle sue principali promesse elettorali. Il presidente ha  twittato: “I maggiori (…) tagli alle tasse nella storia sono appena stati approvati al Senato, ora questi grandi repubblicani andranno verso l’approvazione finale. Grazie ai repubblicani alla Camera e al Senato per il vostro duro lavoro e impegno!”. I leader repubblicani al Senato dovranno ora conciliare il testo differente approvato alla Camera.

La legge che prenderà forma da questi negoziati dovrà poi essere di nuovo votata da entrambe le camere. La riforma, che punta a rivitalizzare l’attività economica e accelerare la crescita annuale del Paese sopra il 3%, ha appunto come asse centrale la riduzione delle tasse alle imprese, che il Senato prevede per il 2019 e la Camera vuole sia immediata. Inoltre, punta a semplificare le aliquote fiscali per i privati, portandole da sette a quattro: del 12%, 25%, 35% e 39,6%. Sebbene il progetto preveda tagli alle tasse per famiglie e persone, il Congressional Budget Office ha affermato nella sua ultima stima che solo il 44% degli americani otterrà una riduzione annuale di più di 500 dollari. Da parte sua, il presidente della Camera Paul Ryan ha invece assicurato che la riforma farà risparmiare 1.182 dollari l’anno alla famiglia media. Ma i tagli di tasse per le famiglie sono a tempo: scadranno dopo otto anni.

Con l’approvazione della riforma fiscale, i repubblicani hanno anche introdotto un emendamento che elimina l’obbligo di acquisire un’assicurazione medica, come previsto dall’Obamacare dell’ex presidente Obama. E questo potrebbe far salire i costi per le persone che sceglieranno invece di sottoscrivere polizze. La riduzione fiscale, che riguarda per l’appunto soprattutto le imprese e i ricchi, è la maggiore da quella del 1986 dell’allora presidente Ronald Reagan.

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