Cinema

Due sotto il burqa, A qualcuno piace caldo incontra l’estremismo religioso

La regista iraniana Sou Abadi al FQMagazine: "Ridere con intelligenza ai tempi della grande paura". La commedia esce in sala il 6 dicembre

Si può ridere a crepapelle dei precetti religiosi integralisti musulmani senza essere tacciati di razzismo? La risposta è sì, ed è contenuta nel film Due sotto il burqa. Brioso e leggiadro divertissement diretto dalla regista iraniana, ma residente a Parigi da tempo, Sou Abadi. Vicenda che si svolge a Parigi, ai giorni nostri, quella del film della Abadi. Armand (Felix Moati) e Leila (Camelia Jordana) studiano scienze politiche nella capitale francese e sono follemente innamorati tanto che nel programmare una vita insieme stanno addirittura per partire verso New York dove lei farà una stage all’ONU. Il ragazzo è figlio di rivoluzionari iraniani fuggiti dalle grinfie dell’ayatollah a fine anni settanta. Lei è figlia di immigrati nordafricani e vive con il fratello più giovane in una casa del quartiere Barbes.

L’idilliaca atmosfera scompare d’incanto quando ritorna a casa il fratello maggiore di Leila, Mahmoud (William Lebghil). Barba nera e folta, tonaca bianca lunga fino ai piedi, copricapo musulmano d’ordinanza, il ragazzo ha appena concluso un altro tipo di “stage” nello Yemen, assieme ai sunniti Fratelli Musulmani, e in testa ha la chiara intenzione di impedire ogni occidentalizzazione da infedeli in famiglia, rinchiudendo violentemente la sorella in casa per non farle più frequentare il fidanzato. Armand, allora, non si perde d’animo, e con un espediente antico come la commedia stessa si traveste con un niqab nero da cui si intravedono solo gli occhi, e si presenta a casa di Mahmoud e Leila facendosi chiamare Sheherazade, e sostenendo di essere “stata mandata” dalla comunità per aiutare a studiare Leila e il fratello più giovane. Mahmoud acconsente, ma la striscia di occhi color nocciola e la vocina acuta che snocciola massime del Corano lo fulminano nel cuore tanto da finire innamorato perso della misteriosa Sheherazade.

“Le restrizioni morali e materiali che vive la protagonista, in primis quella nel vestirsi, sono frutto della repressione religiosa di una società teocratica che ho vissuto in prima persona vivendo per molto tempo nella Repubblica Islamica d’Iran”, fa subito capire la regista Abadi al FQMagazine. Ma nonostante l’errata traduzione del titolo – il burqa è una copertura integrale, mentre nel film si vede un niqab ndr – l’irresistibile peculiarità di questo film indipendente è il tono comico brillante con cui affronta, senza mai cadere nella tragicizzazione intimista, temi politici d’attualità. “Nell’ideare Cherchez la femme (il titolo originale in francese ndr) ho fatto riferimento ad un film che amo come A qualcuno piace caldo. Del resto adoro la commedia alla Billy Wilder”, racconta Abadi. “Dopo aver lavorato come documentarista, oggi sento che la commedia è la mia forma di espressione. Chi mi conosce ha riconosciuto nel film il mio attuale approccio alla vita. Ho avuto persone della mia famiglia imprigionate e torturate, amici uccisi, sotto il regime sciita iraniano. Allo stesso tempo in Francia dopo gli attentati terroristici, attorno all’integralismo, all’oscurantismo e al ritorno della violenza religiosa c’è ancora un ovvio sentimento di paura, inquietudine, tensione. Di tutto questo volevo però ridere in modo intelligente”.

Ed è proprio sul crinale del sarcasmo, del bonario sfottò, della reiterata messa in discussione degli estremismi teorici e comportamentali dei fanatici islamisti – ad esempio Mahmoud è molto violento nell’ostacolare il futuro occidentalizzato della sorella – che Abadi sublima il dato materiale addirittura nel simbolismo cinefilo di un’ascia che sfonda la porta di una camera chiusa modello frame di Shining. “Non so se si può ridere di tutto, ma credo che si possa dire tutto”, conclude la regista rievocando la più importante prerogativa della creazione artistica ovvero la libertà d’espressione. Tanto che in Francia quando il film è uscito, superate le proteste preventive da parte di qualche gruppo integralista, nessun Imam o personalità eminente del mondo islamico ha invocato censure o blasfemie assortite di fronte alla commedia della Abadi. “Penso sia l’unico approccio per affrontare gli estremisti. Prenderli in giro è un modo per dire che non è una religione ciò che li guida nell’agire”. Due sotto il burqa esce nelle sale italiane il 6 dicembre 2017 grazie ad I Wonder.