Magistrati che indagano sulla morte di giornalisti da loro stessi denunciati in precedenza per diffamazione. Ma anche investigatori che continuano quell’inchiesta, nonostante siano sposati con membri dello stesso governo messo sotto accusa dalle inchieste giornalistiche firmate dalla vittima. E poi un ministro dell’Interno che definisce “unlucky“, sfortunata, la sorte della cronista saltata in aria sulla sua automobile. Il motivo? La bomba che le avevano piazzato in macchina è esplosa uccidendola, mentre in precedenza altri giornalisti erano stati più fortunati. Cosa fa quel ministro quando la famiglia della cronista assassinata gli scrive una lettera privata per avere notizia sulle indagini in corso? Non risponde ma gira quella stessa missiva alla stampa accompagnandola con una sua nota.
I dieci arresti e la missione Ue- È in questo clima di conflitti d’interesse, silenzi imbarazzanti e legami opachi che si svolgono le indagini sull’omicidio di Daphne Caruana Galizia, la giornalista assassinata a Malta il 16 ottobre scorso. Un mese e mezzo dopo per quell’omicidio il governo maltese ha arrestato dieci persone. Un’operazione illustrata alla stampa in modo quantomeno irrituale, appena poche ore dopo le dichiarazioni rilasciate al The Guardian dai membri della delegazione del Parlamento Europeo. Inviati in missione da Bruxelles dopo l’omicidio di Caruana Galizia, i sette europarlamentari hanno raccontato di aver avuto sull’isola “la percezione dell’impunità“. Passano due giorni e ad annunciare una svolta nelle indagini sull’assassinio è addirittura il primo ministro Joseph Muscat. Che prima, in conferenza stampa, ha parlato di otto sospetti arrestati. Poi ha aggiustato il tiro su twitter, spiegando che in realtà i fermati erano dieci. Secondo la legge di Malta i presunti assassini dovranno essere interrogati e formalmente messi in stato d’accusa entro le prossime 48 ore: al momento si sa che si tratta di “cittadini maltesi“, già noti alle forze dell’ordine. Per prenderli sono arrivati sull’isola agenti dell’Fbi, della polizia finlandese e di quella olandese. Sono stati gli uomini del Federal Boreau ad aver trovato le prove sui dieci presunti assassini: hanno ricostruito il traffico telefonico incastrando quelli che sono materialmente gli esecutori dell’omicidio
Lo stesso esplosivo di Cosa nostra – Diversa la questione legata al movente. La ricostruzione degli investigatori sembra smentire la pista tracciata dalla stampa internazionale subito dopo il botto del 16 ottobre: quell’attentato, infatti, aveva tutte le caratteristiche di un’eliminazione ordinata in un’ambiente criminale di un certo livello. Per togliere di mezzo Caruana Galizia gli assassini hanno fatto ricorso al metodo di solito riservato ai trafficanti di petrolio: hanno trasformato in autobomba il veicolo che la giornalista aveva preso a noleggio. Una strage compiuta in pieno giorno che somiglia da vicino agli eccidi targati Cosa nostra degli anni ’80 e ’90. Per ammazzare la giornalista maltese, infatti, è stato utilizzato un particolare tipo di esplosivo al plastico, il Semtex, molto difficile da reperire a Malta: in passato è stato usato in una delle stragi più oscure della storia italiana, quella di via d’Amelio, a Palermo, dove il 19 luglio del 1992 venne ucciso il giudice Paolo Borsellino. Insomma quello di Caruana Galizia non è un omicidio come tanti altri. E non solo perché si tratta dell’assassinio di una giornalista. Di sicuro chi l’ha ordinato non voleva fosse scambiato per un incidente: al contrario doveva essere una chiara e spettacolare esecuzione.
I killer hanno usato un tipo di esplosivo speciale: il Semtex
La famiglia, il governo e un’inchiesta “offuscata” – Che c’entrano con un attentato simile dieci malavitosi maltesi già noti alle forze dell’ordine sull’isola? È presto per dirlo. Quello legato alle modalità dell’eliminazione, però, è solo uno dei passaggi che non tornano in una vicenda ancora tutta da ricostruire. “Ancora una volta, il primo ministro è stato informato di novità sulle indagini prima della stessa famiglia. La preoccupazione principale del primo ministro è la sua immagine pubblica. L’offuscamento dei confini dell’inchiesta con l’esecutivo – e questo in un caso che ha implicazioni politiche – è inquietante. Quando la gestione di un’indagine non è corretta, è difficile avere fiducia nel suo esito”, dichiarano al fattoquotidiano.it i familiari della vittima nel giorno degli arresti dei dieci presunti assassini. La storia di Daphne Caruana Galizia, infatti, è una sorta di puzzle in cui parecchie tessere devono ancora andare al loro posto.
Magistrati e buchi neri – A indicare quali sono quei pezzi mancanti ci hanno pensato gli stessi i parenti della giornalista – il marito Peter, i figli Matthew, Andrew e Paul, la sorella Corinne – che da settimane continuano a chiedere alle autorità locali di rispettare i diritti umani fondamentali nella gestione delle indagini. Il motivo? È contenuto nelle istanze depositate dai legali della famiglia alla corte Costituzionale maltese. Documenti di cui ilfattoquotidiano.it è in possesso e che raccontano il modo in cui La Valletta sta portando avanti l’inchiesta sulla morte della giornalista. La prima anomalia si verifica già il pomeriggio del 16 ottobre, nei minuti successivi all’esplosione della Peugetot 108. In quel momento il magistrato di turno è Consuelo Scerri Herrera: sarà lei a recarsi sul luogo del delitto, svolgendo le prime indagini sull’assassinio. Eppure avrebbe dovuto immediatamente astenersi dal seguire il caso, visto che Caruana Galizia aveva più volte scritto di lei sul suo blog. Addirittura nel 2011 il magistrato aveva anche denunciato la giornalista per calunnia e diffamazione. I familiari della vittima hanno subito presentato istanza al tribunale chiedendo la ricusazione di Scerri Herrera, che si è dichiarata incompatibile solo a tarda notte. L’inchiesta a quel punto è stata bloccata fino a quando il tribunale ha nominato il magistrato Anthony Vella come nuovo titolare delle indagini.
Sul luogo del delitto il pm che la denunciò per diffamazione
Investigatori e investigati – Il passo indietro del magistrato Scerri Herrena non l’unico interrogativo sollevato dai parenti della giornalista. Le indagini sull’attentato, infatti, sono guidate ancora oggi dal vice commissario Silvio Valletta. Un investigatore che il marito e i figli di Daphne hanno chiesto di rimuovere dall’inchiesta. Le motivazioni di questa richiesta sono contenute nelle quattro pagine di istanza depositate dalla famiglia Caruana Galizia alla corte Costituzionale maltese il 22 novembre scorso. Un documento in cui il poliziotto viene definito come “persona politicamente esposta” visto che è sposato con Justyne Caruana (nessun legame di parentela con la giornalista), nominata dal premier Muscat ministro per l’isola di Gozo nel giugno scorso. Sia il vice commissario che lo moglie sono stati citati negli articoli pubblicati da Galizia sul suo blog. Il punto più alto dell’attività giornalistica di Daphne Caruana Galizia è legato al lavoro investigativo svolto sui Panama Papers: analizzando gli oltre 200mila documenti riservati dello studio panamense Mossack Fonseca, la cronista ha rivelato i legami tra alcuni soggetti vicini al governo e società offshore. Dal ministro dell’energia, al capo dello staff del premier (accusato di aver intascato tangenti nella vendita di passaporti maltesi a imprenditori russi), fino alla moglie del Muscat: secondo gli articoli di Caruana Galizia era lei la vera beneficiara della società offshore Egrant, che avrebbe ricevuto denaro da un conto intestato alla figlia del presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev.
Indagini e conflitti d’interesse – Il premier e tutti i soggetti citati dalla giornalista hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento, ma gli articoli pubblicati da Caruana Galizia hanno portato l’isola di Malta a elezioni anticipate lo scorso giugno. È normale che a indagare sul suo omicidio sia ora il marito di un ministro di quello stesso governo finito al centro delle sue inchieste? Senza considerare che lo stesso vice commissario Silvio Valletta è stato il rappresentante della polizia nel consiglio di amministrazione dell’Unità di Analisi dell’Intelligence Finanziaria, l’organismo che dovrebbe vigilare sui crimini bancari a Malta e che Caruana Galizia aveva criticato nei suoi pezzi. “Il suo coinvolgimento – scrivono dunque i legali della famiglia – porta non solo a seri dubbi sull’indipendenza e l’imparzialità della stessa indagine, ma anche a minare l’indipendenza e l’imparzialità che richiede un’indagine per omicidio”. L’attuale commissario di polizia, Lawrence Cutajar, ha negato l’esistenza di un conflitto di interessi, mentre il ministro Justyne Caruana – interpellata dal The Guardian – non ha commentato la richiesta della famiglia della giornalista limitandosi a dichiarare: “Ciò che conta è che ci sia un impegno totale da parte di tutti gli interessati a vedere risolto questo caso nel più breve tempo possibile”.
A indagare il marito di un’esponente del governo
L’attentato? Per il ministro è “un episodio sfortunato” – Nel documento depositato alla corte Costituzionale maltese, però, i Caruana Galizia denunciano anche altro. Per esempio di non essere mai stati informati dalle autorità sullo stato dell’inchiesta. Per questo motivo il 27 novembre scorso hanno preso carta e penna per scrivere al ministro degli Interni, Michael Farrugia. Una missiva privata inviata per chiedere conto delle indagini in corso. Come ha risposto Farrugia? Girando la lettera ai giornali e accompagnandola con una sua nota. “Siamo sorpresi che il governo abbia trovato il tempo di pubblicare la nostra lettera apertamente e rilasciare un comunicato stampa di accompagnamento, ma non ha ancora trovato il tempo di indirizzarsi le nostre preoccupazioni circa l’efficacia e l’indipendenza delle indagini in corso”, è la reazione dei Galizia, rimasti sconcertati dalle parole accreditate allo stesso ministro Farrugia dal quotidiano maltese The Indipendent. Un’intervista rilasciata per difendere il commissario Cutajar dalle critiche ma in cui il ministro ha suggerito un’ipotesi quantomeno surreale: Daphne Caruana Galizia è stata “sfortunata perché la bomba che l’aveva colpita era riuscita a ucciderla” mentre “altri giornalisti sono stati vittima di attentati dinamitardi in passato, anche se senza successo”. Parole pronunciate il 27 ottobre, undici giorni dopo l’attentato, e mai smentite da Farrugia. “Se solo lei avesse pensato di più a risolvere l’omicidio di mia moglie che a descriverlo come uno sfortunato evento tra una serie di episodi dinamitardi, allora forse la credibilità dello Stato nel perseguire il crimine sarebbe più efficace“, scrive il vedovo della cronista in un’altra lettera inviata al ministro degli Interni.
Ipotesi Bruxelles – Nel frattempo a Bruxelles sono rientrati i sette deputati inviati in missione dal parlamento Europeo. Dovevano verificare lo stato delle indagini sull’assassinio della cronista: hanno detto di essere “seriamente preoccupati” per lo stato di diritto sull’isola. La fonte delle loro preoccupazioni sarà esplicitata in un rapporto consegnato alla Commissione europea. “Proseguiremo il dialogo in vista di una procedura dell’articolo 7“, dice l’eurodeputato tedesco Sven Giegold. L’articolo 7 del Trattato Ue è quello che prevede la contestazione formale da parte del Parlamento Europeo di una violazione grave dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani all’interno di uno Stato membro. I dieci arresti annunciati a rate dal premier Muscat, insomma, potrebbero essere solo un episodio di una storia ancora tutta da scrivere. Il caso Caruana Galizia è tutt’altro che chiuso.
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