Un’Olimpiade senza Russia, ma con i Russi. Il Comitato olimpico internazionale ha deciso: ai prossimi Giochi invernali di Pyeongchang 2018 in programma a febbraio in Corea del Sud non ci sarà la nazione di Vladimir Putin, sospesa a tempo indeterminato per lo scandalo doping scoppiato nel 2015. I suoi atleti (o almeno quelli ritenuti puliti al di sopra di ogni ragionevole dubbio), potranno partecipare lo stesso, senza bandiera e senza inno, sotto la divisa di una nuova squadra chiamata Oar: Atleti olimpici dalla Russia.
Con due anni di ritardo, lo scandalo del doping di Stato praticato dai vertici di Mosca, con la complicità di politici e servizi segreti, porta all’esclusione del colosso russo dai Giochi. Stavolta il Cio ha trovato il coraggio che gli era mancato un anno fa, quando alla vigilia delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 aveva rimesso la palla in mano alle singole Federazioni, concedendo di fatto un’amnistia generale con la sola eccezione dell’atletica leggera. Ma per gli sport invernali il collegamento con quanto successo a Sochi 2014 (dove i padroni di casa stravinsero il medagliere) era troppo diretto. E per altro Mosca negli ultimi tempi non aveva dato alcun segno di redenzione, non ammettendo mai le proprie responsabilità e non riuscendo nemmeno a riaccreditare il proprio laboratorio antidoping, reso inaccessibile ai controlli dell’agenzia internazionale Wada e tutt’ora sospeso.
Impossibile, a queste condizioni, far finta di nulla. Ma impossibile anche escludere del tutto i Russi, per i buoni rapporti che il presidente del Cio mantiene con Vladimir Putin, per il peso del governo a livello internazionale. E per la stessa sopravvivenza dei Giochi: quelli invernali sarebbero stati un vero e proprio flop, senza i russi che in alcune discipline (come ad esempio hockey e pattinaggio) valgono da soli il prezzo del biglietto. Di qui la soluzione studiata dal Comitato. Ai Giochi parteciperanno solo gli atleti ritenuti “idonei” da una commissione indipendente, senza alcun tipo di collegamento diretto o indiretto con lo scandalo, e controllati dai test preolimpici (ce ne sono già stati 7mila su oltre 4mila atleti, di cui 1240 russi). Niente bandiera, niente cerimonie, niente inno russo (solo quello olimpico), ma una divisa neutrale con solo un riferimento nel nome alla “Madre Russia”.
La durezza del provvedimento dipenderà anche e soprattutto dalla severità della commissione e da quanto sarà più o meno estesa la lista degli “invitati” (meccanismo che potrebbe comportare qualche problema, specie per gli sport di squadra). Ma con questo compromesso Bach spera di salvare le tribolate Olimpiadi invernali 2018 (già messe a dura prova dai propositi bellicosi della Corea del Nord di Kim Jong-un), che comunque vada saranno a loro modo storiche: si tratterà della prima edizione senza Russia dai tempi della Guerra Fredda e dal boicottaggio di Los Angeles 1984. Sempre che Putin non decida di rispolverare proprio quella vecchia forma di protesta. “Il boicottaggio olimpico non è mai servito a nulla, e poi non ne vedo la ragione: consentiremo agli atleti puliti di partecipare”, prova a mettere le mani avanti il presidente Bach.
E la Russia che dice? Per ora nulla: a Mosca restano tutti convinti che si tratti di un complotto antirusso, ora bisogna solo decidere l’atteggiamento da tenere nei confronti di una sanzione storica, che avrebbe potuto essere comunque più grave. Nei giorni scorsi l’ex ministro dello Sport, Vitaly Mutko, coinvolto mani e piedi nello scandalo doping, appena radiato dal Cio ma riciclato dal governo come capo della FederCalcio (nonché organizzatore dei prossimi Mondiali), aveva minacciato rappresaglie diplomatiche. Più diplomatico, invece, il portavoce del governo, che aveva escluso l’ipotesi del boicottaggio. Tutti aspettano la voce di Putin (dovrebbe parlare tra mercoledì e giovedì), per capire se la grande Russia accetterà dal Cio questo schiaffo. Non troppo forte, non sia mai.
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