È stato arrestato Loris Giuliano Grancini, il capo ultras bianconero del gruppo Viking. I carabinieri lo hanno portato in carcere perché deve scontare un cumulo pene di 13 anni e 11 mesi: tra le condanne c’è anche un tentato omicidio con arma da fuoco avvenuto il 5 ottobre 2006 in piazza Morbegno, a Milano. Per quell’episodio, confermato dalla Cassazione, l’esponente della tifoseria bianconera è stato condannato a 11 anni.
Il tentato omicidio contestato a Grancini è avvenuto davanti al bar Los Hermanos nella zona di viale Monza. Grancini e un amico, Pasquale Romeo (condannato a nove anni con rito abbreviato), avevano cercato di uccidere a colpi di pistola Massimo Merafino. Secondo l’accusa sarebbe stata una ritorsione per una lite che si era verificata in un altro bar della città. Successivamente Grancini è stato accusato di aver minacciato e ferito con una coltellata al polpaccio un amico di Merafino, Antonio Genova, aggredito davanti a un bar ritrovo di tifosi juventini affinché non testimoniasse contro di lui.
L’uomo, operaio 44enne e campione di poker, è stato trovato nella sua abitazione di Cernusco sul Naviglio. Grancini, come aveva raccontato Il Fatto Quotidiano nel 2016, ha rapporti strettissimi con Pietro Amante, messinese e boss della droga legato alle più potenti famiglie della ‘ndrangheta come il clan Papalia e a uomini di Cosa nostra, come Luigi Bonanno, broker milanese per conto dei Lo Piccolo.
Il nome del capo ultas dei Viking – che recentemente aveva ricevuto un Daspo di 8 anni – era emerso di recente nelle indagini sul suicidio di un capo ultrà a Torino e le infiltrazioni delle cosche calabresi nel marketing bianconero. A luglio, inoltre, era stato indagato per tentata estorsione al titolare di una società di eventi sportivi perché lo avrebbe minacciato obbligandolo “a procurare biglietti”, tra cui il match di Champions League tra Juventus e Real Madrid. In uno degli incontri Grancini dice: “Bello alto qui, sai come brucia facilmente?”. Lo scorso maggio, stando all’inchiesta, era tornato a intimidire il titolare facendo riferimento a “questi calabresi di Corsico”.
Nel maggio 1998 venne coinvolto in una sparatoria nella periferia sud-ovest di Milano: durante un conflitto a fuoco in viale Faenza, zona Barona, fu raggiunto da due proiettili alla testa. Sull’asfalto rimasero una trentina di bossoli di mitraglietta e altri due uomini furono feriti in modo grave. Un regolamento di conti tra due clan che si fronteggiarono per uno sgarro sentimentale.